STORIA
Il cenobio venne probabilmente costruito nel luogo chiamato Monte Giardino già nel XI secolo, è infatti documentata almeno dal 1073, inoltre la chiesa romanica, edificata nel XII secolo, mostra nel presbiterio le tracce di un edificio precedente. La chiesa venne poi consacrata dal vescovo Giovanni IV nel 1178, mentre nel 1241 le cronache narrano che il vescovo Enrico II della Fratta volle ritirasi nel monastero e qui morire in preghiera e povertà. Il complesso sembra essere sorto come un luogo di eremitaggio, divenne poi abbazia monastica affidata ai Canonici Regolari Lateranensi e come tale rimase fino alle soppressioni del 1798. Antonio Aldini lo vendette per 980 lire a Pietro De’ Lucca che a sua volta lo passo al centese Giuseppe Civolani. Questi in punto di morte lo donò all’Ospedale di Cento, successivamente venne acquistato dai Filippini nel 1833, ma con le soppressioni postunitarie del 1866 passò al Genio Militare che sconvolse le sue pertinenze. Dato l’alto valore storico ed a seguito dell’interessamento della Deputazione di Storia Patria, il complesso venne affidato al Ministero della Pubblica Istruzione, che nel 1892 lo concesse alla Curia che riaprì al culto la chiesa. Ritornati i Padri Filippini nel 1914 il Comitato per la Bologna Storico Artistica promosse un radicale intervento di restauro, che in parte ripristinò, in parte ricostruì l’identità romanica degli edifici cultuali, del chiostro e del monastero.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La bella chiesa romanica è strutturata in due parti divise da un’imponente diaframma murario alleggerito nella parte superiore da due loggette a tre archi. L’impianto è a navata unica e prima delle distruzioni ottocentesche aveva un abside quadrata, il diaframma divide la chiesa in una inferiore, dedicata ai fedeli, e in una superiore, dedicata ai religiosi. Perciò la struttura presenta ancora l’antica divisione tra lo spazio dei laici e quello dei canonici, ma al posto della tradizionale iconostasi qui troviamo un muro separatorio. Lo splendido chiostro venne realizzato, come gran parte degli edifici contigui nel XV secolo. Una delle prerogative della chiesa di San Vittore è che in essa sono conservati alcuni dei più importanti affreschi duecenteschi della regione. Infatti, i lacerti pittorici staccati negli anni Settanta del XX secolo, e ora collocati su pannelli poste alle pareti, sono la testimonianza di un importante ciclo pittorico che nel XIII secolo decorava l’intero edificio. Parte degli affreschi si trovavano nascosti dal quattrocentesco coro ligneo che occupa tre lati (nord, ovest, sud) della chiesa superiore. Il ciclo è stato ricollegato alla figura del vescovo Enrico delle Fratte che qui si ritirò, facendo costruire la parte superiore della chiesa. Lì infatti era collocato l’immagine di San Vittore, l’Annunciazione, i lacerti con la Strage degli Innocenti, la serie dei profeti, posta su due fasce sovrapposte si trovava invece sulle pareti laterali. La tavolozza è essenziale, gli sfondi monocromatici ed i pochi accenti spaziali evidenziano ulteriormente la dimensione simbolica e devozionale degli affreschi. Invero, il desiderio di tridimensionalità caratteristico alla pittura del Duecento viene esemplato nella serie dei profeti dalla proiezione oltre il bordo dei piedi. La cultura artistica di riferimento è quella della pittura bizantina diffusa in gran parte del centro e del nord Italia nella prima metà del secolo. In regione gli esempi sono diversi, ma la dignità classicheggiante e la ricercata stilizzazione possono essere avvicinati ai frammenti conservati nella chiesa di Sant’Apollinare a Russi.
LETTURE CONSIGLIATE
AA.VV., San Vittore, in Le chiese di Bologna, Bologna 1992.
Gli affreschi di San Vittore. Restauro e ricollocazione, a cura di J. Bentini, Bologna 2000.
San Vittore, in Duecento, catalogo della mostra, 2000, Vicenza 2000, n. 29, pp. 143-145.