STORIA
La Collegiata di Castell’Arquato sorge nell’omonimo borgo medievale che la ospita, situato nella provincia di Piacenza. La datazione presunta di questo luogo di culto risulta ascrivibile – in base al ritrovamento di alcuni oggetti – al VIII secolo, precisamente al periodo 756-758. Ad ogni modo sembra che la nascita di questa pieve sia avvenuta per volere di un potente signore locale di origini longobarde, chiamato Magno; le documentazioni scritte, infatti, riportano informazioni sulla riedificazione del borgo (secondo la struttura degli antichi borghi medievali), e sull’allargamento della Collegiata, ma non viene menzionata alcuna data precisa riguardo alla costruzione. Si suppone, dunque, che la funzione di pieve battesimale di questa prestigiosa chiesa sia molto più antica. La struttura, di notevole pregio artistico, a seguito di un violento terremoto subì danni evidenti, e venne completamente ricostruita e riconsacrata nel 1122: tale evento rese ovviamente più difficile la ricostruzione filologica della sua storia. Questa pieve presenta diverse e importanti particolarità: di notevole importanza, ad esempio, è la vasca battesimale, situata nella piccola abside posta in fondo alla chiesa, ed è proprio la costituzione e la materialità di questo oggetto che ha permesso l’iscrizione della chiesa a un determinato periodo. Altri fondamentali elementi vennero aggiunti in epoche successive: secondo alcune testimonianze, la fisionomia della struttura mutò considerevolmente dopo la metà del Trecento, momento in cui il nevralgico cuore della città si spostò dal centro spirituale verso il centro amministrativo, creatosi con l’edificazione del vicino Palazzo del Podestà. Durante tale periodo (XII, XIII secolo) venne anche eretta la torre campanaria, sulla navata inferiore di sinistra, e venne costruito il “Portale del Paradiso”, utilizzato come luogo di memoria e culto per le tombe dei personaggi illustri. Le statue che adornano l’ambone, gli Evangelisti, Geremia e l’Annunciazione, sono da attribuirsi alla scuola di Piacenza del 1170. Risalente al XII secolo è anche la costruzione del chiostro e il suo accesso particolarmente affascinante, così come le sculture che all’interno della chiesa affiancano l’altare maggiore e gli altari absidali, ritenuti parte di una recinzione corale. A questo periodo appartengono anche i capitelli, tutti scolpiti e istoriati. Entrando dalla navata centrale si rimane inoltre colpiti da un austero crocefisso monumentale che sovrasta l’altare con le sue dimensioni imponenti, collocato nella zona absidale; la datazione di questo reperto è stata ipotizzata per la fine del XIII secolo. Negli anni successivi non si registrarono particolari modificazioni della mappatura strutturale. Solo nel 1630 venne costruita la cappella dedicata al Santo patrono del borgo, San Giuseppe, edificata in stile barocco sulle fondamenta di una cappella più antica, mentre sarà il ’700 il periodo in cui si registreranno le modificazioni più importanti. Secondo alcune documentazioni, infatti, l'interno della chiesa era completamente intonacato, come anche i capitelli e le colonne; le monofore furono sostituite da ordinari finestroni rettangolari, mentre il tetto a capriate venne coperto da una volta incorniciata di stucchi. Per importanza e pregio artistico vanno annoverati i numerosi affreschi che adornano l’interno della pieve, che è, infatti, ricca di stucchi e dipinti, effettuati ad opera di Giacomo Guidotti, e che rappresentano lo sposalizio di Maria e la nascita di Gesù. Si conserva inoltre un affresco raffigurante la Trinità che risale però a un’epoca più tarda (inizi XV secolo), e realizzato da un pittore romano anonimo. Tutti questi affreschi vennero ripristinati attraverso pesanti interventi di restauro che cercarono di rimediare l’emergenza artistica che aveva colpito l’intonaco della chiesa nel 1700. Nel 1730 venne demolito il muro esterno della facciata di sinistra per costruirvi tre cappelle. A partire dal 1899, un professore dell’Accademia di belle Arti di Brera scoprì interessanti pitture, affreschi quattrocenteschi della cappella di Santa Caterina, e con un paziente e lungo lavoro di restauro ricostituì tutti gli affreschi dell’organismo. Nel corso del Novecento, in particolare nel 1911, 1912 e 1913, vengono operate modificazioni o ripristini incisivi, viene ad esempio ricostruita la loggetta di San Giovanni e la quarta absidiola. Nel 1917-1919 furono inoltre ripristinate all'esterno le absidi minori. Negli stessi anni fu anche modificata la facciata principale, chiudendo una finestra sul lato sinistro e sostituendo il rosone preesistente con una bifora. Nel 1923 furono rifatti alcuni archi di sostegno e nel 1927 furono restaurate le finestre del coro. Nel 1935 venne infine rimesso in luce l'originale soffitto a capriate che era coperto dalla volta settecentesca.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La facciata della chiesa si presenta con linee e forme semplici tipicamente ascrivibili alla produzione romanica. Una caratteristica che desta particolare curiosità è la composizione della struttura a due spioventi, volta a permettere l’entrata anche sull’altro lato della chiesa, quando il centro cittadino si spostò verso il Palazzo delle Podestà; e proprio per dare maggior rilievo al lato della struttura rivolto verso il palazzo comunale, venne costruito il Portico del Paradiso. L’abside centrale è ripartita da sottili colonne e in alto riporta una loggia. Procedendo verso l’esterno della pieve, notiamo che la struttura presenta tre absidi accostate alla cappella del battistero, di cui particolarmente interessante è l’ultima, che esibisce finestre larghe e basse, con sguancio multiplo rispetto a quelle dell’abside maggiore, più piccole e a sguancio singolo. Il portale laterale è la testimonianza scultoria più importante di tutto il complesso: l’edificazione del Portico del Paradiso ne fece infatti l’accesso principale. Esso presenta una strombatura a fascio di piccole colonne che proseguendo verso l’alto arrivano a disegnare un archivolto, che sottende una lunetta. I capitelli dell’archivolto sono decorati con fogliame. La ghiera presenta dei riquadri decorati, mentre l’architrave è sorretto da due telamoni, sculture tese probabilmente a simboleggiare la personificazione dell’Usura e dell’Avarizia. Di notevole importanza per quanto riguarda la produzione romanica risulta essere il chiostro trecentesco situato sul fianco destro della chiesa, dal quale oggi si ha la possibilità di accedere al Museo della Collegiata, che conserva diversi reperti romanici.
La struttura interna della chiesa si espone a tre navate, con una copertura a capriate, e, come già detto, con un accesso frontale e mediano. Le colonne, sette per ogni lato della pieve, sono tutte realizzate in pietra arenaria e sono di rilevante imponenza (un metro di diametro). I capitelli interni risultano particolarmente compositi, la loro forma a quadrifoglio è sovrastata da semi capitelli scolpiti da simboli floreali o zoomorfi a loro volta sovrastati da un abaco rettangolare con decorazioni a spirale. Di ragguardevole prestigio artistico sono anche le sculture dell’ambone che raffigurano l’Annunciazione.
LETTURE CONSIGLIATE
M.G. Genesi, Castell'Arquato – Archivio della Chiesa Collegiata – Catalogo dei Manoscritti Musicali, Piacenza, Tip. Emilstampa, 1987, pp. 40