Giovedì 06 Settembre 2012 10:06

Chiesa di Santo Stefano a Bazzano

STORIA

 

La chiesa di Santo Stefano sorge tra la Rocca dei Bentivoglio e la Torre dell’Orologio, all’interno delle cinta muraria nel comune di Bazzano, territorio che assunse un ruolo centrale nella difesa di tutta l’area occidentale della collina bolognese. Il primo documento che attesta l’esistenza di questa struttura è datato 798 ed evidenzia la funzione che assunse l’antica pieve nelle contese politiche avvenute tra Modena e Bologna per l’attestazione delle proprietà terriere appartenenti ai due comuni. Nel X secolo la chiesa faceva parte della giurisdizione vescovile modenese, mentre nel 1204 spettava a quella bolognese. Le alterne vicende giurisdizionali si conclusero definitivamente per volontà di Bonifacio IX con il passaggio nel 1398 ai bolognesi. Nel corso dei secoli l’edificio venne affiliato ad altre chiese, d’importanza maggiore: nel 1155 ad esempio Santo Stefano appartenne alla Pieve di Monteveglio, mentre tra il XIV e XV secolo fece parte delle proprietà della Chiesa di Sant’Andrea a Corneliano. Nel 1573 invece con l’aumento di densità della popolazione venne eretta a chiesa autonoma, assumendosi le dipendenze delle parrocchie di Crespellano, Pregatto, Oliveto, Montemaggiore e Montebudello. Tra il XVI e il XVII secolo, la Rocca dei Bentivoglio venne ristrutturata, e questa operazione di restauro coinvolse anche la chiesa, che assunse l’attuale orientamento, con abside verso ovest ed ingresso verso est. Seguirono poi ulteriori interventi di alterazione della struttura originaria: nel Settecento ad esempio venne ampliata costruendo la cappella del Santissimo Sacramento, da parte dell’architetto Francesco Tadolini, venne poi ulteriormente ingrandita nei primi decenni del Novecento con l’erezione della navata sinistra. L’ultimo intervento avvenne in relazione ai bombardamenti del 1944, momento in cui l’emergenza artistica determinò anche un recupero di quella che era la configurazione primaria della struttura, tant’è vero che l’attuale facciata, risalente al restauro del 1945, richiama in particolar modo gli stilemi romanici: così le semicolonne, i capitelli, e il rosone, rimandano al presunto aspetto originario.

 

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

 

Grazie al ritrovamento all’interno della chiesa di uno dei più antichi reperti attualmente conservati, probabile frammento del portale in pietra d'impronta longobarda o carolingia, non sono da escludersi le origini bizantine della struttura. Nel periodo tra il XIII e il XIV secolo, la chiesa venne, infatti, influenzata dallo stile romanico, che lascia le sue tracce, grazie alla presenza di un frammento di capitello in arenaria, decorato con un rosone a sette petali e forme gigliate, conservato oggi presso il Museo Civico “Arsenio Crespellani” nella Rocca dei Bentivoglio. Ma anche l’edificio presentava in quel periodo una strutturazione pienamente riconducibile all’epoca romanica, era, in realtà, a navata unica, con abside rivolto verso est. La mappatura attuale della chiesa presenta una suddivisione a tre navate, con abside rivolto verso ovest e facciata lineare. All’interno della pieve sono riportate delle opere moderne di pregevole interesse artistico, come ad esempio il Santo Stefano, posto sull’altare, di Simone Canterini, e alcune tele di Gaetano Gandolfi.

Pubblicato in Bologna
Venerdì 29 Giugno 2012 12:34

Chiesa di Santa Maria Assunta

 

STORIA

La Chiesa di Bordone prende il nome dall’omonimo borgo che la ospita, piccolo luogo di origini longobarde, che, a dispetto delle diverse ristrutturazioni effettuate, conserva ancora un nucleo medievale. La pieve sorge precisamente sull’antica strada Francigena, importante tragitto per i pellegrini, in quanto costituiva la principale rete di collegamento, in età romana, tra Parma e Lumi, mentre in età longobarda, rappresentava l’unica possibile via di comunicazione tra la Toscana e la pianura Padana. La Chiesa di Santa Maria Assunta, essendo disposta in uno dei punti cruciali di questo percorso, si trova, infatti, circa alla metà della salita appenninica, divenne tappa fondamentale dei pellegrini che viaggiavano verso Roma. L’esistenza della Pieve, viene citata in un documento ascrivibile al 1005, anche se recenti operazioni di recupero, hanno rivelato la presenza di fondamenta molto più antiche, alcuni resti risalirebbero ad un antico maniero che presidiava la strada, risalente al VII secolo. Data la sua conformazione attuale, la struttura si presenta oggi radicalmente modificata dai diversi rifacimenti realizzati nel corso del tempo: ad esempio tra il 1640 e il 1670 venne compiuta una profonda ristrutturazione sulla scorta delle direttive Tridentine.

 

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

La chiesa ascrivibile all’età romanica è strutturata a partire da un edificio precedente, risalente al IX secolo, con abside e pietra squadrata. Tuttavia, recenti ricerche storico artistiche hanno messo in luce la possibilità che anche la costruzione carolingia fosse stata innalzata su una chiesa bizantina (VI secolo), che si presuppone fosse a pianta centrale, con abside a est. La Pieve risulta oggi costituita da navata unica, chiusa da un’abside quadrata, e delle cappelle laterali, risalenti al XVI e XVII secolo. Nella terza cappella a destra si apre un portale in arenaria, che all’esterno presenta una lunetta in bassorilievo raffigurante la Madonna con il Bambino e San Giovanni. All’interno della struttura sono conservate sculture d’incerta collocazione, ma di grande prestigio artistico, vi sono ad esempio due leoni stilofori, in origine posti alla base del portale, altre sculture come le lastre della Deposizione e della Glorificazione di Santa Margherita, e le statue di San Pietro e San Paolo. Gli interventi scultorei sono tutti databili entro il primo ventennio del XIII secolo e provengono dalla pieve di Fornovo, dove facevano parte di una piattaforma scorporata alla fine del XVI secolo. La cassa del pulpito era costituita da tre lastre raffiguranti, come già posto, la Deposizione, l'Incoronazione della Vergine e, presumibilmente, in quanto persa, l'Ultima Cena. Lo stile compositivo delle lastre rimanda inevitabilmente alla cultura antelamica. L’Incoronazione della Vergine presenta al centro la figura di Cristo, racchiuso da una mandorla ad otto lati, sorretta dalla simbologia degli evangelisti; Maria è presentata come una figura molto giovane mentre un angelo porge la corona a Cristo, e degli angeli escono da nuvole disposte verticalmente, sulla sinistra è disposta una figura femminile che ricorda Santa Margherita. Vi sono poi tante altre sculture erratiche, ad esempio: due colonne raffiguranti delle statue, forse derivate anche queste da un portale smembrato, ritraggono un vescovo con pastorale ed un altro personaggio inserito in una cuspide gotica.


 

LETTURE CONSIGLIATE

S. Stocchi “Italia-Romanica/l’Emilia-Romagna”, Jaca Book, Milano, 1984.

 

 

Pubblicato in Parma
Martedì 19 Giugno 2012 12:11

CHIESA DI SAN TOMMASO DI CABRIOLO

 

STORIA

La chiesa di San Tommaso di Cabriolo, nel territorio limitrofo a Borgo San Donnino, apparteneva all'Ordine religioso cavalleresco dei Templari, e, probabilmente, le ragioni della sua fondazione vanno ricercate nelle donazioni di proprietà terriere verso il Tempio che coinvolsero alcune delle più prestigiose famiglie parmensi. La magione dovette inizialmente essere una dipendenza dalla domus di Santa Maria Maddalena di Toccalmatto, da cui successivamente si distaccò.

Nello stesso sito un primo oratorio era già attestato nell'XI secolo ma fu il passaggio all’Ordine del Tempio, avvenuto alla fine del XII secolo, che dette impulso alla realizzazione di una nuova costruzione. La tradizione vuole che la chiesa venne intitolata al vescovo di Canterbury all’indomani della sua esecuzione (1170), per celebrare degnamente la memoria di un suo passaggio da Cabriolo avvenuto nel 1167. Oltre alla Rotonda, esisteva anche un ospedale; nel 1230 nel Capitulum seu Rotulos Decimarum della diocesi di Parma, sotto il vescovo Grazia, veniva citata l’Ecclesia de Cacobrolo in plebe Burgi Sancti Domnini. Del periodo templare rimane solo parte dell’abside, poiché dopo il processo, nel 1309, la magione venne saccheggiata e data alle fiamme. Perciò, nonostante il passaggio ai all'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, il complesso dovette rimanere per diverso tempo in stato di semi-abbandono, ma tra la fine del XIV e il principio del XV secolo i nuovi padroni ricostruirono la chiesa riutilizzando parte dell’edificio originario. I cavalieri di Malta mantennero la commenda di San Tommaso fino alle soppressioni napoleoniche quando passò nelle mani di proprietari privati.

 

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

La rilevanza architettonica della chiesa ne fa uno dei più insigni oratori cavallereschi dell'Emilia Romagna: San Tommaso mostra ancora oggi nella parte absidale in mattoni i resti della rotonda templare scandita da archi ciechi e decorata da monofore, quella centrale è l’unica originale. La chiesa è costruita in mattoni a vista, con navata unica a pianta rettangolare e facciata a capanna, che venne profondamente ristrutturata nel 1816.
Diverse furono le fasi costruttive che coinvolsero l'edificio: in particolare la prima, di matrice chiaramente romanica, relativa alla muratura dell’abside che precedentemente apparteneva alla chiesa a pianta rotonda del periodo templare. Invece, la navata e la facciata furono costruiti dai Gerosolimitani seguendo un gusto d'impostazione gotica che dovettero riedificare anche il convento adiacente.
La ricostruzione quattrocentesca della chiesa venne conclusa probabilmente con la decorazione pittorica di cui rimangono ancora importanti tracce sulla parete sinistra dell’aula, mentre non si conoscono precedenti testimonianze artistiche.


LETTURE CONSIGLIATE
N. Denti, Guida di Fidenza: storia, arte, attualità, Fidenza 1959.
Nuova Guida di Fidenza, a cura P. Abate, 1965.

 

Pubblicato in Parma

STORIA

La chiesa dei SS. Simone e Giuda a Sanguinaro, nel comune di Noceto esisteva già alla fine dell’XI secolo. Alcuni documenti datati 1080 e 1095 sembrano ricollegarla alla donazione del prete Mangifredo che volle fornire assistenza religiosa ai viandanti e pellegrini che trovavano ospitalità nel vicino ospizio. Successivamente il complesso passò alle dipendenze del monastero benedettino di San Prospero a Reggio e nel 1168 venne ceduto all’Ordine Ospitaliero di San Giovanni che mantenne la proprietà fino al 1798.

Nel 1471 l’insediamento giovannita divenne commenda autonoma: un evento che sembra caratterizzarsi come post quem per datare la ristrutturazione quattrocentesca del plesso e la conseguente realizzazione della decorazione pittorica della zona absidale. Una lapide poi posta sopra il portale dell’edificio ricorda come fu il commendatore Alessandro Burzio, nel 1578, a far ristrutturare l’edificio collassato a causa del tempo, si provvide a ridipingere parte degli affreschi quattrocenteschi e anche ad accorciare di almeno due campate la chiesa superiore.

Nel 1864 la chiesa venne venduta a privati, all’inizio del Novecento si provvide ad effettuare un impegnativo restauro, mentre nel 1910 si costruì l’attuale canonica.

 

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

La fama della chiesa dei SS. Simone e Giuda è certamente legata alla bellezza della sua cripta. La struttura architettonica è seminterrata con copertura a vela e a crociera. Lo spazio cultuale è scandito da pilastri in laterizio, sia tondi che quadrati, mentre alle pareti si aprono piccole finestre a strombo che assicurano una affascinante illuminazione. D'impianto tripartito questa sembra testimoniare che nella costruzione originaria anche l'edificio superiore era articolato in tre navate terminate rispettivamente da tre absidi. Le sue caratteristiche murarie inseriscono la chiesa dei santi Simone e Giuda in un gruppo di edifici che si possono sostanzialmente datare al principio del periodo romanico nel territorio di Parma: una cultura artistica diffusasi nella seconda metà dell’XI secolo. È infatti verosimile che la prima struttura dell’edificio rispondesse alle richieste del prete Mangifredo fornendo due spazi sovrapposti che servivano alle esigenze della liturgia del clero e delle funzioni dedicate ai laici.

La chiesa in cui subentrarono i Gerosolimitani si presentava come una costruzione di una certa rilevanza, articolato su due livelli, le cui prime fasi vengono testimoniate nella zona absidale dagli archetti romanici sottogronda e dalla muratura mista in laterizio e ciottoli di fiume. Una seconda fase, databile al Quattrocento, è altresì caratterizzata dal paramento murario in laterizio costruito al di sopra della muratura romanica, concluso da una cornicetta sottogronda modanata. Questa fase è stata tradizionalmente datata, sulla base dell’analisi stilistica degli affreschi della calotta absidale, entro la metà del secolo XV.

 

LETTURE CONSIGLIATE

R. Barilla, Noceto e la sua chiesa, Noceto 1947.

Comune di Noceto, Castelfranco Veneto 2008.

R. Gualtiero, Noceto e le sue frazioni testimonianze del passato, Parma 1978.

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Venerdì 25 Maggio 2012 12:37

CHIESA DI SANTO STEFANO A REGGIO EMILIA

STORIA

Santo Stefano vanta una storia millenaria poiché già nell’XI secolo esisteva una cappella dedicata al protomartire che dava il nome a un piccolo borgo, posto fuori la città vescovile, dalla quale era diviso dal torrente Crostolo. Dalle carte dell’archivio di San Prospero emerge che nel 1019 l’imperatore Enrico II donò al vescovo Teuzone la cappella e gli annessi fabbricati con un ospizio per i pellegrini. Nel 1047, il vescovo Sigifredo II decise di affidare Santo Stefano e le sue pertinenza ai Canonici di San Prospero in Castello. La situazione mutò radicalmente il 23 febbraio 1130, quando, il Prevosto Erardo, a nome del Capitolo di San Prospero, affidò la chiesa, l’ospedale e le sue proprietà ad Alberto abate dell’Abbazia di Frassinoro. I benedettini divennero così gli usufruttuari di Santo Stefano con l’obbligo di versare un canone annuo di otto libbre d’olio. L’insediamento passò invece all’Ordine templare nel gennaio del 1161, quando Achille Taccoli Arcidiacono di Reggio e Prevosto della insigne basilica di San Prospero affidò Santo Stefano ai frati cavalieri. La dimensione della chiesa e degli edifici che i Templari ereditarono dai benedettini furono certamente rilevanti e allo stato degli studi non si conoscono interventi successivi in epoca romanica.

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

Verosimilmente possiamo ipotizzare una prima campagna di lavori in una data posteriore, ma non troppo distante, dalla metà del secolo XI: la cappella venne così trasformata in un piccolo oratorio per volontà dei canonici nuovi responsabili del plesso. A quest’intervento, bene esemplato da una peculiare tipologia laterizia, appartengono probabilmente “i muri delle navate laterali, i pilastri ottagonali e le colonne della seconda campata”. Una preziosa traccia dell’edificio dell’XI secolo è a nostro avviso ravvisabile nel capitello fitomorfo di pietra calcarea, conservato nella studio del parroco. I caratteri stilistici con cui viene tradotta la decorazione vegetale trovano numerosi riscontri nella scultura regionale; in tal senso un interessante confronto può essere quello con i capitelli della cripta bolognese della chiesa dei Santi Naborre e Felice. Non possediamo documenti specifici, ma è assai probabile che l’ampliamento dell’edificio avvenne in una data posteriore al 1130, quale conseguenza diretta del possesso di Santo Stefano da parte dell’Abbazia di Frassinoro. La sostanziale ricostruzione della chiesa secondo le dinamiche del romanico padano è testimoniata ancora oggi dalle colonne e dai capitelli in cotto del transetto che anche da un punto di vista stilistico, nonostante il lessico arcaico, ancora legato ai modi matildici, non mancano di presentare diversi confronti in ambito emiliano. Nel solaio del portico è ancora visibile parte della muratura realizzata nel XII secolo: sul lato settentrionale dell’edificio, corrispondente alla navata centrale sono presenti alcune monofore strombate murate, sovrastate da una decorazione ad archetti in cotto con terminazioni simboliche zoomorfe.

 

LETTURE CONSIGLIATE

M. Iotti, La chiesa di Santo Stefano in Reggio, Reggio Emilia 1998.

M. Mussini, Il romanico a Reggio e nel reggiano, Reggio Emilia 1972.

M. Pirondini, Reggio Emilia guida storico artistica, Reggio Emilia 1982.

 

Pubblicato in Reggio Emilia

STORIA

 

L'attuale chiesa parrocchiale di Castellarano, dedicata a Santa Maria Assunta, si presenta in stile tardo barocco risalente al Seicento. Ma proprio durante quest'epoca fu ricostruita sulla struttura antichissima di una pieve già esistente. Infatti alcuni resti archeologici rivenuti sotto l'attuale chiesa testimoniano che questa primitiva pieve sia ascrivibile al IX secolo e sia stata poi ricostruita al tempo di Matilde di Canossa o sostituita da una seconda chiesa di stile romanico. Infatti dell'edificio primitivo è sopravvissuta parte dei muri antichi sotto il pavimento della chiesa attuale, oltre alle quattro colonne con capitelli scolpiti e due capitelli-mensole. Se questi reperti architettonici, sulla base dell'analisi delle loro caratteristiche, si possono far risalire al dominio dei Franchi nel nostro territorio, la copia del portale con lunetta, collocato all'interno della chiesa a lato dell’altare di San Pancrazio, è invece di epoca posteriore, forse del XII secolo. L'attuale chiesa è stata sottoposta anche ad un restauro molto significativo, iniziato nel 1899 e terminato il 1901, proprio quando vennero alla luce gli elementi romanici ricordati ed altri visibili in parte sul pavimento della cripta e in parte all'interno della chiesa. Un ulteriore intervento di ristrutturazione risale al 1912.

 

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

La chiesa odierna si differenzia notevolmente dall’antica Pieve, in quanto negli anni ha subito numerose modifiche. Presenta una struttura a croce latina, con quattro cappelle laterali nel braccio principale e due nel minore, oltre al transetto con cupola ovata e volte a botte e a crociera sui bracci. Nonostante sia un'opera del secolo XVII, sopravvivono ancora degli elementi della prima chiesa romanica, come la cripta e alcune basi dei pilastri polistili della chiesa che dimostrano come la primitiva costruzione fosse a tre navi con volte, presbiterio rialzato e cripta. Proprio la cripta è stata in parte ripristinata con quattro colonnine sormontate dai primitivi capitelli e pulvini della fine dei secoli XI-XII. In particolare questi capitelli possono essere confrontati, per vigorosità ed ingenuità di intaglio, con i capitelli visibili nell'atrio di Sant'Ambrogio a Milano, con quelli della chiesa di Santo Stefano a Bologna e della Pieve di Rubbiano. Per quanto riguarda invece le colonnine, la prima possiede una decorazione a intrecci viminei nel pulvino e foglie spinose stilizzate nel capitello, mentre l'altra ha nel pulvino animali con decorazione floreale e nel capitello aquile angolari con le ali che terminano in fronde ricongiunte al centro del capitello. Inoltre la terza ha foglie stilizzate nel pulvino, con tortiglioni nei capitelli che sorreggono trecce e festoni e la quarta ha una decorazione a foglie stilizzate nel pulvino e nel capitello. Infine l’abside è a semicerchio con due finestre laterali e con al centro una tela ad olio di un autore ignoto, fatto eseguire da Ercole Medici nel 1645. Vi è raffigurata la Beata Vergine Assunta in cielo, con in basso a sinistra gli apostoli attorno al sepolcro della Madonna rimasto vuoto, mentre a destra spicca un gruppo di case con una chiesa e il rispettivo campanile che forse ritrae il borgo superiore della stessa Castellarano.

 

LETTURE CONSIGLIATE

O. Silipandri, Avanzi di architettura romanica in Castellarano, estratto dagli studi in onore di N. Campani n.1, 1921. Guida dell'Appennino Reggiano.

M. Piccinini, Guida di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia 1931

M. Schenetti, Castellarano - da rifugio di aborigeni a centro industriale, 1976

Pubblicato in Reggio Emilia
Mercoledì 04 Aprile 2012 07:37

Chiesa di Sant'Eufemia

NOZIONI STORICHE

La Chiesa di Sant’Eufemia si trova nel pieno centro di Piacenza, nell’omonima via che la accoglie. Una lapide posta all’interno della sagrestia, datata 1091, ci racconta che la sua fondazione avvenne in seguito al ritrovamento, in una chiesa vicina, delle spoglie di Sant’Eufemia. La basilica fu dunque fondata (come dimostra l’epigrafe) intorno all’anno Mille, anche se la sua effettiva consacrazione avvenne nel 1108. Piacenza si caratterizzava, infatti, come uno dei più rilevanti centri del romanico del nord Italia, anche in virtù degli eventi storici che la videro protagonista di alcuni dei più importanti avvenimenti politici della Lotta per le Investiture. Nel XII secolo l’edificio subì i primi cambiamenti, alla primitiva forma basilicale, venne invero aggiunto il pronao (il portico costruito davanti la facciata centrale). Tra Tardo-Medioevo e Rinascimento allo stato degli studi non si registrano particolari cambiamenti della struttura. Nel Seicento e nel Settecento, invece, si ebbero ulteriori interventi di espansione e di rifacimento, la chiesa viene infatti adeguata agli stilemi barocchi. Nel 1836 sì rilevarono nella torre campanaria dei dissesti statici, e per tali motivazioni si rese necessaria la demolizione, grazie poi agli interventi di restauro ne venne ripristinato l’assetto. Nel 1898 poi, arrivarono a soccorso dell’emergenza artistica, le prime operazioni volte al consolidamento dell’opera, il restauro, portato avanti da Camillo Guidotti fino al 1904, tentò il ripristino dello stile romanico: vennero eliminate, infatti, tutte le parti aggiunte nel corso dei secoli, furono demolite quasi tutte le cappelle laterali, e venne ridisegnata parzialmente la facciata. La torre campanaria fu in questa occasione riedificata ma con stile neo-gotico, in realtà tutti gli elementi toccati in questo intervento subirono la medesima mutazione.

 

NOZIONI STORICO ARTISTICHE

La Chiesa presenta oggi una facciata che nella parte inferiore risulta autenticamente romanica. Il pronao della basilica è articolato in tre campate, dove vi sono elementi architettonici di notevole interesse, gli archi sono infatti incoronati da pilastri scolpiti con fogliame e figure zoomorfe immaginarie, che si configurano come un ottimo esempio dell’evoluzione stilistica della scultura regionale nel XII secolo, caratterizzata dall’attenzione all’effetto plastico e al dettaglio naturalistico. Non risulta invece autentica la parte superiore della facciata, infatti nei restauri effettuati nel 1898 Guidotti apportò opinabili modificazioni, riconducili agli stilemi dal gusto neo-gotico: a tal proposito esemplari sono i pinnacoli e il coronamento ad archi intrecciati. Procedendo verso l’interno, il complesso presenta una mappatura basilicale a croce latina, tre sono infatti le navate, suddivise in campate attraverso un sistema alternato da pilastri cruciformi in mattone: quattro campate nelle navata mediana e otto campate in quelle laterali. La copertura è determinata da volte a crociera costolonate, particolare che non si manifesta invece nelle navatelle laterali, mentre gli archi segmentati presentano l’alternanza della pietra e del mattone. Invero, nella partitura dello spazio cultuale, molti sono gli elementi che ci riportano alle linee romaniche ma arbitrarie scelte di ripristino dell’architettura originale generano una lettura che rende evidenti le anomalie.

Pubblicato in Piacenza
Lunedì 26 Marzo 2012 07:39

Sant'Ilario

STORIA

Su una strada centrale della città di Piacenza si trova la piccola chiesa romanica di Sant'Ilario, di origine ospitaliera, che fu edificata intorno al XII secolo. Inizialmente era associata ad una farmacia e solo nel Cinquecento viene elevata a parrocchia, divenendo la chiesa patronale degli orefici. In seguito, fu sede della Congregazione del SS. Sacramento, nata nel 1576 per volontà del vescovo di Piacenza Paolo Burali per fornire ausilio ai pellegrini. Ma nel 1810 venne soppressa come parrocchia e, una volta chiusa al culto, fu adibita prima a magazzeno e poi a sede dell'Archivio Storico Comunale, oggi trasferito a Palazzo Farnese. A partire dal 1930 divenne oggetto di importanti interventi di restauro, che mirarono a riedificare la zona absidale, demolita nel XIX secolo e a ripristinare il rosone, che era stato sostituito nel XVIII secolo con una finestra rettangolare. Poi, restaurata recentemente dal Comune di Piacenza, è oggi adibita ad auditorium comunale.

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

A differenza della struttura interna di questa chiesetta a navata unica che, dopo le trasformazioni del Cinquecento, non si presenta di particolare interesse, la facciata a capanna invece conserva gran parte della sua costruzione originaria, nonostante qualche aggiunta cinquecentesca. La facciata in mattoni è caratterizzata in basso da un significativo portale scolpito e in alto da una galleria di archi su colonnine e capitelli in pietra. Sono invece frutto di rifacimenti cinquecenteschi l'arco che incornicia il portale e i due archi ciechi laterali. Un vero e proprio capolavoro scultoreo romanico del XII secolo è proprio il portale dalla imponente strombatura, che esibisce stipiti con capitelli corinzi e un considerevole architrave istoriato a bassorilievo. Quest'ultimo, che riprende con toni più semplici l’architrave dell’ingresso destro del Duomo di Piacenza, raffigura il tema dell’incredulità di San Tommaso, un esempio di grande interesse per la scultura romanica padana e piacentina in particolare, fiorita proprio attorno al cantiere del Duomo. Questa scultura, in cui San Tommaso inginocchiato tocca con il dito il costato di Cristo che si trova in mezzo agli altri Apostoli con le braccia aperte e il libro in mano, viene spesso attribuita ad un artista modenese della cerchia di Wiligelmo. Nell'architrave, il racconto scultoreo appare molto serrato per il convergere dei personaggi, dai tratti vitalmente espressivi, verso la figura centrale di Cristo. Tutte le figure, che sono rappresentate in vari atteggiamenti, escono dai bordi dell’architrave e assumono una caratteristica a tutto tondo. Inoltre le tipologie dei volti e lo stile del basso rilievo rimandano alla scuola delle sculture della Cattedrale e sono anche tematicamente in sintonia con i suoi soggetti neotestamentari. Probabilmente però sono andate perdute molte altre sculture come quelle nella lunetta dove ora rimane solo un affresco sbiadito del Cinquecento e nelle travi della volta. Infine di notevole interesse è anche il coronamento della facciata, dove la galleria posta sotto la linea di gronda è contraddistinta da archi profilati da una risega e sormontata da una fascia di archetti pensili.

LETTURE CONSIGLIATE

A. Siboni, Il centro storico della città di Piacenza, Piacenza 1965.

P. Berzola, A. Siboni, Guida all'architettura romanica nel Piacentino, Piacenza 1966.

S. Stocchi, Sant'Ilario a Piacenza, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.

Pubblicato in Piacenza
Martedì 14 Febbraio 2012 17:04

Basilica di Sant'Antonio

 

STORIA

Secondo la tradizione fu San Vittore, primo vescovo piacentino, a fondare la basilica in una zona denominata Valle Nobile e qui venne sepolto nel 375. A lui inizialmente la chiesa venne intitolata, ma nel 400 il vescovo Savino fece traslare le spoglie di Sant’Antonino martire (303), che divenne poi insieme a Vittore il co-patrono della città. Con la nuova intitolazione al martire, la basilica fu per alcuni secoli la prima cattedrale e mantenne per lungo tempo un ruolo di preminenza spirituale e politica: infatti nel 1183 fu il luogo prescelto per l’incontro tra i messi imperiali ed i rappresentati della Lega Lombarda in occasione della firma della pace di Costanza. Invero, Sant’Antonino venne sostituita come cattedrale nel 758, quando all’interno delle mura cittadine fu eretta San Giovanni de Domo, a sua volta rimpiazzata da Santa Giustina. Nell’870 la semplice basilica paleocristiana venne invece ampliata con la costruzione di un transetto e di un tiburio quadrato impostato sull’incrocio. Questa chiesa fu ripetutamente devastata dalle scorrerie ungare del X secolo, e, nel 1004, il vescovo Sigfrido promosse l’erezione di un terzo e nuovo tempio, i cui caratteri pre-romanici e la perimetria permangono sostanzialmente nell’edificio odierno. Numerose furono nei secoli della Modernità le modifiche e le ristrutturazioni del complesso, in particolare nel 1693 l’interno fu trasformato secondo il gusto Barocco, per poi essere completamente rimaneggiato secondo la cultura neomedievale ottocentesca nel 1853. La complessità strutturale di Sant’Antonino, la preminenza della sua storia e l’unicità di alcuni suoi caratteri architettonici, la eleggono ad uno dei più importanti complessi cultuali di Piacenza, vero scrigno di alcuni preziosi tesori artistici.

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

Le vicende storiche e l’evoluzione del gusto architettonico hanno inciso profondamente sulla struttura e sulla varietà stilistica pertinente al complesso basilicale piacentino. La mole dell’edificio innalzato dal vescovo Sigfrido ha in qualche modo inciso anche sugli interventi successivi, donando una spettacolarità unica alla chiesa e determinando una mescolanza di stili che riescono ad amalgamarsi in maniera sorprendentemente armonica. Il cotto è certamente il leitmotiv della costruzione e il sobrio mattone padano diventa così il collante che permette quest’affascinante amalgama strutturale. La pianta è a croce latina rovesciata, con il transetto preceduto dalle navate e la grossa torre ottagona che s’innalza al di sopra dell’incrocio. Inoltre, nel 1350 per opera di Pietro Vago venne costruito un grande atrio, chiamato il “Paradiso”, che in forme gotiche lombarde ha la funzione specifica di esaltare l’ingresso principale. Come anticipato, gli interventi dell’XI secolo ricostruirono sostanzialmente l’edificio preesistente, la pianta a croce latina venne ruotata di quarantacinque gradi, il braccio est venne allungato e vennero innalzate tre navate terminate da absidi. In questa fase venne innalzata la grande torre aperta con tre piani di bifore e venne costruito un chiostro sostituito nel 1523 dall’attuale in forme rinascimentali. Sempre nel periodo romanico, verosimilmente nel XII secolo, l’ingresso principale fu corredato da un bel portale scolpito di matrice antelamica: sugli stipiti infatti la raffigurazione dei Progenitori sottende i modelli del maestro padano tradotti però in un gergo più schietto ed essenziale. L’interno della chiesa, in origine probabilmente cassettonato, venne coperto con volte ogivali nel 1453, mentre i capitelli originari a cubo smussato sono attualmente celati dai rifacimenti successivi. Dalla copertura quattrocentesca emerge invece un interessante fregio pittorico databile all’XI secolo: questa remota testimonianza della decorazione romanica doveva probabilmente svilupparsi su due registri e ricoprire le pareti secondo il gusto dell’epoca. In tal senso le figure dei profeti dalla schietta frontalità trovano però tenui accenti naturalistici grazie al loro inserimento in un loggiato dipinto. Tali figure dovevano sovrastare scomparti pittorici narrativi svolti in un profluvio di cromie, ad essi verosimilmente si deve correlare l’affascinante Giudizio Universale, i cui lacerti, emersi nel braccio ovest del transetto nei restauri degli anni ottanta, testimoniano la qualità della bottega operante e la maturità del lessico pittorico bizantino, probabile testimonianza della volontà di una committenza erudita e raffinata.

LETTURE CONSIGLIATE

S. Stocchi, Sant’Antonino a Piacenza, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.

L. Bertelli, Restauro e consolidamento di Sant’Antonino antica cattedrale di Piacenza, Casalecchio di Reno 1991.

 

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Lunedì 23 Gennaio 2012 10:23

Duomo di Piacenza

 

STORIA

La cattedrale di Piacenza è uno degli edifici romanici più importanti della Pianura Padana, la cui fondazione è ricordata da una lapide collocata sulla facciata e datata 1122. Infatti, nel 1117 un potente terremoto devastò la regione e diversi edifici di Piacenza, tra cui l’antica cattedrale di Santa Giustina, fu probabilmente quella la motivazione della nuova costruzione, contemporanea ai cantieri del Duomo di Parma e dell’Abbazia di Nonantola. Invero, un altro fatto storico particolarmente importante può essere ricollegato alla nascita del duomo, nel 1126 furono eletti i primi 5 consoli della città, che sancirono sostanzialmente la definitiva ascesa del potere comunale. La cattedrale diventò così l’espressione del Comune e della spiritualità della cittadinanza che sostenne finanziariamente la sua costruzione attraverso le proprie corporazioni. Per tali ragioni è probabile che almeno per il terzo decennio del XII secolo continuarono ad esistere due cattedrali distinte, per certi versi rivali: i vescovi mantennero infatti la loro sede nella vecchia chiesa di Sant’Antonino, mentre Santa Giustina fu legata da subito alle sorti della nuova istituzione. Come tutti i grandi cantieri emiliani, anche il duomo di Piacenza impiegò più di un secolo per essere completato, ciò avvenne grazie all’attività di Rinaldo Santo da Sambuceto, ricordato nel 1233. Le fasi costruttive furono diverse, e possono sostanzialmente essere raggruppate in due periodi: il primo, centrale per la decorazione scultorea e la composizione strutturale dell’edificio, durò fino al 1150, il secondo prese invece avviò nel 1179, dopo la battaglia di Legnano, e con vicende alterne durò fino alla conclusione dei lavori nel secondo quarto del XIII secolo. Nei secoli successivi diverse furono le modifiche apportate alla struttura: in epoca gotica il rosone sulla facciata, nel 1333 la torre campanaria e la cappella battesimale, mentre l’interno subì numerosi cambiamenti soprattutto in epoca Post-Tridentina. Alla fine dell’Ottocento venne poi avviato un intervento radicale di restauro che staccò gran parte delle pitture e delle altre decorazioni databili al XVII secolo, donando all’edificio un estremo aspetto romanico di gusto sostanzialmente neomedievale.

NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE

La cattedrale nacque probabilmente con un impianto a tre navate privo del transetto e forse la facciata fu concepita per essere impostata tra due campanili collegati alla prima campata, nel 1333 ne venne costruito uno solo. La prima fase fu caratterizzata dall’attività di maestri muratori e lapicidi formatisi sul linguaggio wiligelmico, maestranze che provenivano dai cantieri modenesi e nonantolani. La critica ha evidenziato in questi interventi scultorei anche la presenza del grande Nicolò, il prestigioso maestro padano che fu attivo tra Wiligelmo e Benedetto Antelami. A Piacenza, Nicolò ebbe certamente un ruolo importante poiché firmo nel 1122 la realizzazione del portale destro, dove nell’architrave sono raffigurate le storie di Cristo, mentre nell’archivolto si diparte una decorazione caratterizzata da motivi vegetali e geometrici. La sua cultura artistica si sviluppava dalla lezione di Wiligelmo, ma prediligeva un rilievo meno aggettante, maggiore raffinatezza nei dettagli ed una sapienza lineare quasi pittorica. Questo linguaggio fu ampiamente utilizzato nella cattedrale, è infatti probabile che alcune delle botteghe attive negli interventi scultorei successivi, in particolare quelli realizzati intorno al 1150 nella navata, relativi alle formelle dei Paratici (rappresentano le attività delle corporazioni), furono l’opera di creati di Nicolò. La facciata della cattedrale in origine era costituita da blocchi d’arenaria, nella parte inferiore venne poi utilizzato un rivestimento di marmo rosa; le linee architettoniche sono molto simili a quelle della cattedrale di Parma, la facciata è altresì strutturata con due contrafforti, presenta gallerie cieche ritmate su colonnine e tre portali con ampi brani di decorazione scultorea. Bellissimi i leoni stilofori ed i telamoni che sorreggono gli architravi, ogni portale è sormontato poi da protiri a due piani. La decorazione scultorea del portale centrale è in gran parte opera dei rifacimenti ottocenteschi con tanto di firma del vescovo committente, Scalabrini, e dell’architetto responsabile, Guidotti. Il portale sinistro ospita invece, racchiuse in sette arcate separate da colonnine tortili, le storie dell’infanzia di Cristo, la cultura è quella wiligelmica prossima agli esempi nonantolani ed alla porta della Peschiera a Modena. Inoltre, nel transetto si apre un altro piccolo portale sempre di cultura romanica con la raffigurazione di Cristo tra Maria e un angelo. I fianchi della cattedrale in pietra sono sormontati da una galleria scandita da contrafforti, sono presenti monofore con arco a tutto sesto e altre ogivali; la galleria doveva poi continuare nell’abside del transetto che è rimasto però incompiuto. Le absidi delle navate sono realizzate anch’esse in pietra calcarea e decorate con una galleria le cui colonnine presentano capitelli scolpiti con teste umane e animali, anche qui sono presenti numerosi interventi di restauro. Nel grande abside centrale si apre poi un finestrone decorato con diverse figurazioni, dall’Agnus Dei all’Annunciazione; secondo la critica, questa parte, che mostra evidenti integrazioni, sarebbe frutto di una ricostruzione arbitraria che utilizzò materiali di reimpiego provenienti verosimilmente dalla facciata. La pianta del duomo è a croce latina scandita internamente da ventisei pilastri, cinque le campate della navata centrale , sei di metà lunghezza per ogni braccio del transetto e dieci di uguale misura nelle navatelle. Proprio nelle navatelle è evidente come la parte inferiore della costruzione mantenga ancora l’articolazione romanica, mentre la parte superiore evidenzia già caratteri formali sostanzialmente gotici. Sulle pareti della navata furono realizzati dei falsi matronei, infatti le finestre sono ricavate nel muro ed hanno una sostanziale funzione di alleggerimento e modulazione della luce. Oltre alle sette formelle superstiti dei Paratici con i mestieri murate sui pilastri, capolavoro della scultura romanica d’ambito nicolesco, anche i loro capitelli presentano diverse decorazioni: fitomorfe, zoomorfe ma anche figurate, come quelle della controfacciata con le storie di David. Infine, la cripta con le sue centotto colonne in marmo ed i capitelli si caratterizza come una delle la parti più armoniose e meglio conservate dell’edificio.

LETTURE CONSIGLIATE

AA. VV., l l Duomo di Piacenza (1122-1972): atti del Convegno di studi storici in occasione dell'850 anniversario della fondazione della Cattedrale di Piacenza, Piacenza 1975.

S. Stocchi, La cattedrale a Piacenza, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.

C. Demetrescu, Proverbi di pietra: duomo di Piacenza, Sant'Eufemia (Piacenza), duomo di Ferrara, Rimini 1999.

 

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