STORIA
Santo Stefano vanta una storia millenaria poiché già nell’XI secolo esisteva una cappella dedicata al protomartire che dava il nome a un piccolo borgo, posto fuori la città vescovile, dalla quale era diviso dal torrente Crostolo. Dalle carte dell’archivio di San Prospero emerge che nel 1019 l’imperatore Enrico II donò al vescovo Teuzone la cappella e gli annessi fabbricati con un ospizio per i pellegrini. Nel 1047, il vescovo Sigifredo II decise di affidare Santo Stefano e le sue pertinenza ai Canonici di San Prospero in Castello. La situazione mutò radicalmente il 23 febbraio 1130, quando, il Prevosto Erardo, a nome del Capitolo di San Prospero, affidò la chiesa, l’ospedale e le sue proprietà ad Alberto abate dell’Abbazia di Frassinoro. I benedettini divennero così gli usufruttuari di Santo Stefano con l’obbligo di versare un canone annuo di otto libbre d’olio. L’insediamento passò invece all’Ordine templare nel gennaio del 1161, quando Achille Taccoli Arcidiacono di Reggio e Prevosto della insigne basilica di San Prospero affidò Santo Stefano ai frati cavalieri. La dimensione della chiesa e degli edifici che i Templari ereditarono dai benedettini furono certamente rilevanti e allo stato degli studi non si conoscono interventi successivi in epoca romanica.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
Verosimilmente possiamo ipotizzare una prima campagna di lavori in una data posteriore, ma non troppo distante, dalla metà del secolo XI: la cappella venne così trasformata in un piccolo oratorio per volontà dei canonici nuovi responsabili del plesso. A quest’intervento, bene esemplato da una peculiare tipologia laterizia, appartengono probabilmente “i muri delle navate laterali, i pilastri ottagonali e le colonne della seconda campata”. Una preziosa traccia dell’edificio dell’XI secolo è a nostro avviso ravvisabile nel capitello fitomorfo di pietra calcarea, conservato nella studio del parroco. I caratteri stilistici con cui viene tradotta la decorazione vegetale trovano numerosi riscontri nella scultura regionale; in tal senso un interessante confronto può essere quello con i capitelli della cripta bolognese della chiesa dei Santi Naborre e Felice. Non possediamo documenti specifici, ma è assai probabile che l’ampliamento dell’edificio avvenne in una data posteriore al 1130, quale conseguenza diretta del possesso di Santo Stefano da parte dell’Abbazia di Frassinoro. La sostanziale ricostruzione della chiesa secondo le dinamiche del romanico padano è testimoniata ancora oggi dalle colonne e dai capitelli in cotto del transetto che anche da un punto di vista stilistico, nonostante il lessico arcaico, ancora legato ai modi matildici, non mancano di presentare diversi confronti in ambito emiliano. Nel solaio del portico è ancora visibile parte della muratura realizzata nel XII secolo: sul lato settentrionale dell’edificio, corrispondente alla navata centrale sono presenti alcune monofore strombate murate, sovrastate da una decorazione ad archetti in cotto con terminazioni simboliche zoomorfe.
LETTURE CONSIGLIATE
M. Iotti, La chiesa di Santo Stefano in Reggio, Reggio Emilia 1998.
M. Mussini, Il romanico a Reggio e nel reggiano, Reggio Emilia 1972.
M. Pirondini, Reggio Emilia guida storico artistica, Reggio Emilia 1982.