STORIA
La Pieve di Santa Maria di Castello sorge, in posizione isolata, sulla sommità di un colle che domina il paese sottostante di Toano, un piccolo borgo incastonato nello splendido paesaggio dei rilievi appenninici. La Pieve è annoverata tra i monumenti più significativi di architettura romanica presenti sul territorio di Reggio Emilia e tra i più antichi edifici di culto della diocesi reggiana. Non siamo in possesso di notizie storiche così sicure da poter stabilire con esattezza l'anno della fondazione della chiesa, ma il primo atto ufficiale che documenta la sua esistenza è costituito da un diploma emanato il 14 ottobre 980 dall’imperatore Ottone II, il quale cita la Plebem de Toano fra le maggiori pievi rurali dell’epoca. Nel secolo XI, la chiesa appare posizionata all'interno della cerchia muraria del castello fatto costruire da Bonifacio di Canossa, di cui però non rimane nessuna traccia a causa delle distruzioni del XIII secolo provocate dal conflitto tra guelfi modenesi e ghibellini reggiani. Durante il dominio della contessa Matilde di Canossa, la pieve viene sottoposta ad una serie di interventi di restauro che le conferiscono l'aspetto attuale. Quindi, l'edificio che oggi ammiriamo, sebbene sia stato fondato prima dell'anno mille, è da ascrivere proprio alla fine del XII secolo o agli inizi di quello successivo, sulla base dell'esame delle linee architettoniche attuali e dei capitelli. In occasione della seconda guerra mondiale, la Pieve viene gravemente danneggiata durante un rastrellamento tedesco del 1944 che provoca la completa distruzione del tetto, dei mobili e degli arredi liturgici, lasciando tracce ancora visibili sulle mura dell'abside e sui due grandi capitelli scolpiti. La ricostruzione della chiesa nel dopoguerra si è rivelata abbastanza cauta in quanto ha cercato di ripristinare il suo aspetto più fedele all'originale, anche se i fianchi e le absidi mostrano una muratura prevalentemente di restauro.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
A prima vista, colpisce la semplicità delle linee architettoniche che conferiscono al monumento una particolare solennità e una bellezza tipicamente romanico-lombarda. Partendo dall'esterno la chiesa, interamente in pietra e ricoperta da lastre di ardesia, presenta una struttura singolarmente tozza, con una facciata a capanna che è provvista di spioventi molto inclinati, di muri bassi e di una finestra rettangolare. Il portale conserva delle tracce di antica decorazione scultorea, che è stata cancellata dal tempo e dalle distruzioni militari. Anche la muratura esterna rivela la sua fisionomia antica nell'alternanza di conci ben squadrati con sassi grezzi disposti irregolarmente. Passando al presbiterio, quest’ultimo si prolunga rispetto alle testate delle navate laterali in modo tale che l'abside mediana sovrasti in altezza le due absidiole. L'interno, caratterizzato da una nuda spazialità, mostra le stesse linee tozze e vigorose che sono visibili all'esterno e conserva tutta la bellezza rustica e solenne delle costruzioni romaniche più antiche. La struttura interna è costituita da una pianta basilicale a tre navate, divise in due campate con copertura a capriate in legno. Come la navata mediana continua in un profondo presbiterio, coperto da volte a botte e delimitato dalla conca absidale, anche le navatelle si prolungano fino alle rispettive absidiole, ma con una posizione arretrata rispetto a quella centrale. Inoltre i sei capitelli, che coronano i pilastri e i semipilastri della chiesa, risultano di notevole interesse storico-artistico, in quanto obbediscono a un particolare simbolismo religioso e liturgico tipico dello stile romanico, che è riscontrabile anche in altre chiese reggiane risalenti allo stesso periodo. Infatti, sia i capitelli che le colonne possono essere messi in relazione con quelli della Pieve di Marola dove si riscontra, però, una maggiore raffinatezza e varietà nelle forme. Le decorazioni scolpite dei capitelli, delle lunette e delle architravi, che raffigurano motivi vegetali, geometrici e zoomorfi, sembrano richiamare elementi bizantino-ravennati, intrecci tipici dell’ars canusina, figure primitive a tutto rilievo e motivi con foglie stilizzate di acanto e tralci d’uva. In particolare, i quattro capitelli esterni sono scolpiti a fogliame e viluppi, con un motivo a treccia lungo l'abaco, a rilievo modesto. Per quanto riguarda i due capitelli centrali, quello di destra presenta un motivo a fogliame con i caulicoli intrecciati negli spigoli in modo da formare una debole voluta e un motivo di funi intrecciate che compare sull'abaco. Il capitello di sinistra, anche se consunto e mutilato, risulta il più singolare soprattutto per la presenza di elementi simbolici di grande interesse. Nelle quattro facce sono infatti scolpite delle aquile ad ali spiegate, ciascuna delle quali regge, con rostri o con artigli, differenti animali. Dagli spigoli sporgono inoltre figure umane quasi a tutto tondo (come ad esempio una a cavallo o l'altra che regge tra le mani un'arpa) in cui si possono identificare le storie di Davide. Nonostante un lessico scultoreo meno ricercato, nell’intervento è stata riconosciuta una certa influenza della cultura antelamica, da ascrivere al primo quarto del XIII secolo.
LETTURE CONSIGLIATE
F. Anceschi, Il Romanico a Toano, in Reggio Storia, n° 16, Reggio Emilia 1982.
S. Stocchi, Santa Maria di Castello, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
Toano: natura, storia, arte. Atti del Convegno del 16 ottobre 1983, Reggio Emilia 1985.