STORIA
La pieve di Santo Stefano in Tegurio si trova nella località di Godo, a pochi chilometri da Ravenna. Il nome Godo deriva da “guado”, e Tegurio dal fiume che scorreva vicino alla pieve (oggi è denominato fiume Lamone). Santo Stefano in Tegurio è annoverata tra le chiese fatte costruire dall’imperatrice Galla Placidia, che visse a Ravenna tra il 425 e il 450.
La pieve di Godo risulta menzionata per la prima volta nell atto di donazione alla diocesi di Ravenna nel 963. La chiesa ha subìto diversi rimaneggiamenti e nei primi decenni del 1700 venne completamente modificata in forme barocche. L’abside venne demolita per ampliare il coro: la nuova chiesa misurava nove metri in più della antica. Nuovi restauri furono eseguiti nel 1823 e anche la facciata venne ricostruita in forme baroccheggianti. Tale struttura rimase immutata fino al 1944, quando, con il crollo del campanile causato da mine tedesche, furono distrutti l’abside e il coro. Quattro anni dopo la pieve venne ricostruita nelle sua forma originaria.
Le varie ristrutturazioni non rendono facile la datazione della pieve, ma dagli esami effettuati sull’ antica struttura gli studiosi propendono a collocarla al IX secolo (la sua fondazione potrebbe però essere databile anche intorno al V - VI secolo).
NOTIZIE STORICO – ARTISTICHE
La ricostruzione del 1948 ha ripetuto fedelmente la forma originaria della pieve (salvo il campanile, ricostruito ex novo). Di originale tuttavia rimane la sola fiancata settentrionale. Le fiancate sono intervallate da lesene che racchiudono sei finestrelle. L’abside è stata ricostruita sulle antiche fondamenta e si presenta eptagonale allo esterno e circolare all’interno, con tre piccole monofore.
La facciata a spiovente è ritmata da quattro lesene che scandiscono la ripartizione interna in tre navate. Si accede all’edificio da una porta centrale sovrastata da una bifora. All’interno i pilastri in cotto presentano un’ appendice rettangolare che si prolunga fino al tetto, formando volte con arcata a doppia ghiera. Il campanile quadrato fu ricostruito un decennio più tardi nella stessa posizione del precedente, ma diminuito in altezza per risultare più proporzionato alla pieve. Esso è in muratura con mattoni a vista, con trifore e bifore che vanno dall’alto verso il basso.
La pieve di Santo Stefano, benché ricostruita, è un classico esempio di architettura protoromanica: lo si vede dall’uso di lesene dette “lombarde”, dalla tipica ripartizione in tre navate e dal materiale impiegato (mattoni).
L’architettura esarcale, o deutero – bizantina ravennate, ci ha consegnato molte belle chiese e pievi semplici, geometricamente voluminose, compatte e pure, con decorazioni sobrie ( solitamente archetti ciechi nelle fiancate) e imponenti campanili decorati con trifore e bifore, spesso rotondi, ma a volte quadrati (come in questo caso) e che svettano isolati al fianco della chiesa.
LETTURE CONSIGLIATE
“Il romagnolo” periodico n. 36, 2005.
Le pievi dell’esarcato, a cura di Andrea Baroni, Ravenna, 2000.