ATTIVITÀ DELL'ASSOCIAZIONE RABISCH DOMENICA 25 FEBBRAIO "La chiesa di San Paolo Maggiore" Terza visita del ciclo "Ludovico Carracci, maestro eccellentissimo e poeta dei sentimenti". Visita guidata a cura di Paolo Cova alla chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna per scoprire i capolavori conservati all'interno di questo splendido edificio bolognese. Ritrovo: ore 16:15 davanti all'ingresso della chiesa di San Paolo Maggiore, via Carbonesi, 18, Bologna. DOMENICA 11 MARZO "Alla scoperta di Ambrogio Lorenzetti: una giornata a Siena" Visita guidata a cura di Paolo Cova alla mostra "Ambrogio Lorenzetti" presso Santa Maria della Scala a Siena, alla scoperta dell'arte dell'artista senese. Il programma prevederà inoltre una visita alla Piazza del Campo e a Palazzo Pubblico. Ritrovo: ore 10,45 davanti all'ingresso di Santa Maria della Scala, in Piazza del Duomo 1, Siena. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO IL 26 FEBBRAIO La Libera Scuola di Storia dell'Arte "Francesco Arcangeli" comunica inoltre che sono aperte le iscrizioni al settimo seminario "Da Mantegna a Raffaello: la nascita della Maniera Moderna" a cura di Giacomo Alberto Calogero, che avrà inizio il 1 marzo. Per restare aggiornati sull'attività dell'associazione e sulla Libera Scuola di Storia dell'Arte consultate il nostro sito internet e il sito internet della scuola oppure contattateci direttamente al 348 7195229 o via e-mail:
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STORIA
La chiesa di Santo Stefano sorge tra la Rocca dei Bentivoglio e la Torre dell’Orologio, all’interno delle cinta muraria nel comune di Bazzano, territorio che assunse un ruolo centrale nella difesa di tutta l’area occidentale della collina bolognese. Il primo documento che attesta l’esistenza di questa struttura è datato 798 ed evidenzia la funzione che assunse l’antica pieve nelle contese politiche avvenute tra Modena e Bologna per l’attestazione delle proprietà terriere appartenenti ai due comuni. Nel X secolo la chiesa faceva parte della giurisdizione vescovile modenese, mentre nel 1204 spettava a quella bolognese. Le alterne vicende giurisdizionali si conclusero definitivamente per volontà di Bonifacio IX con il passaggio nel 1398 ai bolognesi. Nel corso dei secoli l’edificio venne affiliato ad altre chiese, d’importanza maggiore: nel 1155 ad esempio Santo Stefano appartenne alla Pieve di Monteveglio, mentre tra il XIV e XV secolo fece parte delle proprietà della Chiesa di Sant’Andrea a Corneliano. Nel 1573 invece con l’aumento di densità della popolazione venne eretta a chiesa autonoma, assumendosi le dipendenze delle parrocchie di Crespellano, Pregatto, Oliveto, Montemaggiore e Montebudello. Tra il XVI e il XVII secolo, la Rocca dei Bentivoglio venne ristrutturata, e questa operazione di restauro coinvolse anche la chiesa, che assunse l’attuale orientamento, con abside verso ovest ed ingresso verso est. Seguirono poi ulteriori interventi di alterazione della struttura originaria: nel Settecento ad esempio venne ampliata costruendo la cappella del Santissimo Sacramento, da parte dell’architetto Francesco Tadolini, venne poi ulteriormente ingrandita nei primi decenni del Novecento con l’erezione della navata sinistra. L’ultimo intervento avvenne in relazione ai bombardamenti del 1944, momento in cui l’emergenza artistica determinò anche un recupero di quella che era la configurazione primaria della struttura, tant’è vero che l’attuale facciata, risalente al restauro del 1945, richiama in particolar modo gli stilemi romanici: così le semicolonne, i capitelli, e il rosone, rimandano al presunto aspetto originario.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
Grazie al ritrovamento all’interno della chiesa di uno dei più antichi reperti attualmente conservati, probabile frammento del portale in pietra d'impronta longobarda o carolingia, non sono da escludersi le origini bizantine della struttura. Nel periodo tra il XIII e il XIV secolo, la chiesa venne, infatti, influenzata dallo stile romanico, che lascia le sue tracce, grazie alla presenza di un frammento di capitello in arenaria, decorato con un rosone a sette petali e forme gigliate, conservato oggi presso il Museo Civico “Arsenio Crespellani” nella Rocca dei Bentivoglio. Ma anche l’edificio presentava in quel periodo una strutturazione pienamente riconducibile all’epoca romanica, era, in realtà, a navata unica, con abside rivolto verso est. La mappatura attuale della chiesa presenta una suddivisione a tre navate, con abside rivolto verso ovest e facciata lineare. All’interno della pieve sono riportate delle opere moderne di pregevole interesse artistico, come ad esempio il Santo Stefano, posto sull’altare, di Simone Canterini, e alcune tele di Gaetano Gandolfi.
STORIA
La Pieve romanica di San Prospero è situata a Colecchio, comune della provincia di Parma, collocata sulla collina che domina il paese. Venne edificata nell’XI secolo in stile romanico lombardo, sulle rovine di un antico tempio pagano. In seguito fu dedicata al culto del santo di cui porta il nome, vescovo che nel medioevo godeva a Reggio-Emilia di una forte devozione. Secondo le testimonianze di alcune fonti trecentesche alla pieve venne sin da subito collegato un altro edificio, l’ospedale di Santa Maria, struttura retta dai cappuccini e dove oggi trovano spazio i locali parrocchiali.
Le linee romaniche della chiesa sono oggi difficilmente rintracciabili. Numerosi sono stati, infatti, gli interventi effettuati sulla struttura nel corso dei secoli, tanto da comprometterne in modo radicale l’aspetto originale. I primi restauri risalgono al XIII secolo, periodo nel quale vennero effettuate le maggiori operazioni di ripristino della chiesa: ascrivibili a tale data sono gli ampliamenti della mappatura originale e la costruzione dell’alto presbiterio, delle tre navate, ancora oggi presenti, e della torre campanaria. Nel XV secolo si registrarono operazioni di ripristino, come la soppressione delle capriate, seguita dalla costruzione delle volte e delle cappelle laterali. Nel XVI secolo vennero in seguito aggiunte, ai lati della chiesa, sei cappelle che poi saranno demolite durante i successivi provvedimenti di restauro. La situazione non si modifica sostanzialmente fino al 1922, quando si decise di riportare la chiesa al suo splendore originario. Fu durante questa lunga operazione di ripristino che venne ricostruita la facciata e una nuova torre campanaria in stile romanico, separata dal corpo della chiesa, e modellata su quella del Duomo di Parma. Nel 1935 venne demolita la parte anteriore, e venne inserito nella facciata l’antico portale.
NOZIONI STORICO-ARTISTICHE
La pieve di San Prospero si configura come una struttura di notevole pregio storico artistico. La mappatura della chiesa è di forma basilicale, a tre navate, con tre absidi e i loro relativi altari: dalle fonti documentarie riguardanti la struttura, le absidi laterali risultano ascrivibili all’XI secolo, mentre quella centrale, di forma rettangolare, risale al XII secolo. Nonostante i vari interventi di restauro sembrano però inalterate la parte posteriore della pieve, la base del tiburio e una pietra angolare dell’antico campanile; ma anche la facciata conserva ancora il portale romanico polilobato, con capitelli ornati di foglie e i simboli evangelici. Procedendo verso l’interno della chiesa troviamo ancora elementi dell’XI secolo, come le colonne e i pilastri, che riportano figure zoomorfe e fantastiche. Di considerevole interesse è la vasca battesimale, collocata dal XIII secolo a sinistra dell’entrata: è in calcare a forma di tronco rovesciato ed è ornata da archetti intrecciati tra loro con colonnine in bassorilievo. Al di sopra di questa si nota il rilievo in marmo bianco in stile bizantino con il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, testimonianza superstite di una recinzione presbiteriale perduta, ascrivibile al XII-XIII secolo.
LETTURE CONSIGLIATE
S. Stocchi “Italia-Romanica/l’Emilia-Romagna”, Jaca Book, Milano, 1984.
STORIA
La chiesa plebana di San Pietro si mostra molto particolare già per la sua posizione isolata in cima ad un colle di un centro appenninico importante come Tizzano Val Parma, da dove domina tutta la vasta area circostante. Questa pieve romanica, citata per la prima volta in un documento del 1004, è stata costruita in pietra ed è ascrivibile all'XI secolo. Presenta una pianta basilicale a tre navate, con una torre posta al centro della facciata, che ha funzione di campanile e di ingresso. Proprio per la presenza di questa massiccia torre, la pieve di Tizzano può essere considerata come un raro esempio nel romanico padano di clocher-porche, una tipologia di chiesa particolarmente diffusa in Francia.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La chiesa ha subito radicali modifiche e numerosi rifacimenti tra l'XI e il XII secolo, se si considera che le tre absidi dell'impianto originario sono state demolite e sostituite da un coro a pianta quadrata. Inoltre il portale alla base del campanile è frutto di un intervento seicentesco e le tre cappelle laterali sono state inserite in un secondo momento sul fianco laterale. Tutte queste aggiunte sono state costruite con la stessa rustica muratura appenninica della pieve romanica in pietra naturale conferendole un aspetto uniforme. Sul fianco meridionale si trovano alcuni resti degli archetti pensili che decoravano le linee di gronda e al centro si apre un secondo portale che fungeva in passato da ingresso principale. Per quanto riguarda invece la sua struttura interna, i restauri hanno riportato alla luce, oltre alla copertura a capriate in legno, la nuda muratura che appare altrettanto rustica proprio come quella esterna. La navata centrale è scandita in cinque arcate da massicci pilastri cilindrici, i cui capitelli hanno cubo smussato. La costruzione sommaria della muratura nelle pareti, nei pilastri, nei capitelli e negli archi ha fatto pensare che doveva essere sanata dal rivestimento a intonaco forse destinato ad essere ricoperto da affreschi. É probabile che quest'ultimi, se furono già eseguiti in epoca romanica, siano stati sostituiti da altri di epoca successiva. L'ultima edizione della decorazione a fresco risale al 1485, secondo la testimonianza riportata da un'iscrizione. Le tracce superstiti di questi affreschi quattrocenteschi sono stati strappati per essere poi restaurati e trasferiti nella parrocchiale di Tizzano, dove ora sono visibili. In particolare, in due di questi quattro dipinti, oltre alla data di esecuzione, compare anche una scritta allusiva ai committenti e all'ignoto artista emiliano che li ha eseguiti.
LETTURE CONSIGLIATE
F. Barili, Tizzano Val Parma: i castelli, la chiesa plebana, figure di tizzanesi, Parma 1970.
S. Stocchi, La pieve di Tizzano, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
A. Leporati, Le chiese di Tizzano a Val Parma, Tizzano Val Parma 1989.
STORIA
Bazzano è un piccolo borgo appenninico del comune di Neviano degli Arduini, all'interno del quale si trova la chiesa parrocchiale dedicata a Sant'Ambrogio. Questa pieve, che ha delle origini molto antiche, fu fondata intorno al VI secolo, menzionata per la prima volta in un documento del 920 e infine citata con il titolo di pieve intorno al 1004, quando è stata avviata la sua ricostruzione in forme romaniche. La chiesa ha ricoperto un ruolo di notevole rilievo soprattutto nel 1230 quando ha assunto la completa giurisdizione su ben sette cappelle. Probabilmente già nel corso del XII secolo possedeva la struttura a tre navate con tradizionale orientamento est-ovest, variato poi nella forma attuale in epoca moderna nel corso delle ristrutturazioni del XVI e XVII sec. É stato osservato che, nonostante le numerose e radicali trasformazioni avviate a partire dal Cinquecento, l'impianto romanico originario risalente all'XI secolo è ancora riconoscibile sotto le aggiunte rinascimentali. Ma poiché la chiesa non fu coinvolta nelle campagne di restauro che si tenevano solitamente tra la fine del secolo scorso e gli inizi di quello attuale, l'architettura romanica necessita semplicemente di una lettura più approfondita. Inoltre un significativo intervento eseguito tra il 2001 e 2003 ha contribuito alla messa in sicurezza della pieve e al restauro della chiesa con la risoluzione dei gravi problemi statici che ne minavano la solidità strutturale.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
Alcuni recenti scavi hanno evidenziato una caratteristica molto interessante che riguarda la posizione delle absidi, le quali prima sorgevano ad est dove ora si trova la facciata; invece nella seconda metà del XVII secolo viene invertito l'orientamento della chiesa con la facciata verso il paese e l'abside verso la valle. Inoltre il principale elemento che testimonia l'antichità della struttura di questa pieve è rappresentato da un prezioso fonte battesimale in pietra, di forma ottagonale all'esterno e tronco-conica all’interno, che può essere annoverata tra i più preziosi reperti di età romanica del parmense. Questa vasca, poggiata su un piedistallo, è costituita da sculture primitive di sapore bizantineggiante e si fa risalire al VII e VIII secolo. Le otto facce sono separate da colonne congiunte da una fascia a racemi di vimini che si inarca tra le colonne. Su ogni faccia della vasca, collocata nella prima cappella laterale di sinistra, sono scolpite a rilievo numerose figure, che sembrano di stare all'interno di una loggia o sotto un portico. Esse rappresentano il tema del Battesimo, san Matteo, il leone che incarna san Marco, l'episodio dell'Annunciazione e le figure della Vergine e del Cristo. La figura chiave è l’immagine di san Giovanni Battista a piedi nudi che porta la mano destra al petto e alza il braccio sinistro in gesto di accettazione. Infine le colonnine sorreggono capitelli decorati con foglie d'acanto, sui quali si innescano archi ribassati e ornati a motivi vegetali, foglie stilizzate e intrecci viminei, che richiamano elementi di tradizione lombarda.
LETTURE CONSIGLIATE
F. Barilli, La Pieve di Bazzano e la sua gente, Parma 1984.
S. Stocchi, La pieve di Bazzano, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
Emilia Romagna. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, VI edizione, Milano 1991.
STORIA
L'antica pieve di Gaione, una piccola frazione di Parma, è dedicata ai Santi Ippolito e Cassiano ed ha attraversato un lungo e complesso percorso storico. Vanta delle origini molte antiche in quanto la sua fondazione risale addirittura al periodo che va dal VII all'VIII secolo. Infatti sui resti di una struttura romana è sorto, nell’alto medioevo, proprio questo primitivo luogo di culto di cui è stato rinvenuto il piccolo altare, in mattoni romani riutilizzati. La pieve viene successivamente ricostruita in forme romaniche intorno al XII secolo e precisamente al 1111 risale la prima attestazione della sua esistenza. Ma questo monumento, a partire dal Seicento, è stato sottoposto ad una serie di rifacimenti che hanno in parte alterato quell'aspetto originariamente romanico. Infatti il campanile, il presbiterio e il fianco meridionale risalgono proprio a quest'ultima fase di restauri.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La pieve di Gaione ha avuto il merito di conservare una facciata molto semplice, austera e disadorna, visibile nella sua muratura rustica in pietra. A differenza di quello meridionale, il fianco settentrionale mostra parte della muratura originaria più antica in conci squadrati di forma cubica. Poi passando dalla facciata all'interno, la chiesa è costituita da una pianta basilicale a tre navate e tre absidi semicircolari rivolte verso est. Alcuni interventi di restauro novecenteschi hanno ripristinato la muratura a vista a corsi alternati di mattone e pietra, che sono molto evidenti soprattutto in quei pilastri di forma cilindrica che reggono le cinque arcate della navata. Anche i capitelli, a cubo smussato, sono stati costruiti con gli stessi materiali. Inoltre gli archi sono privi di risega e la copertura è a capriate in legno. Purtroppo le absidi originarie sono state demolite in seguito alla ricostruzione settecentesca del presbiterio. Inoltre il pavimento è stato abbassato e riportato al livello originale, con l'intenzione di rimettere in evidenza le basi dei pilastri. Infine nel corso del XIX secolo viene costruita l’unica cappella laterale e ampliata la canonica, mentre gli scavi archeologici condotti a partire dal 1952 hanno contribuito alla ricostruzione dell’abside est e al ritrovamento, nella prima campata della navatella posizionata a nord della pieve, della base rotonda del battistero originario.
LETTURE CONSIGLIATE
E. Dall'Olio, Itinerari turistici della provincia di Parma, Parma 1975.
S. Stocchi, La pieve di Gaione, in Italia Romanica. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
M. Catarsi, La pieve dei santi Ippolito e Cassiano di Gaione: archeologia e storia di un territorio, Parma 2007.
STORIA
La pieve di Contignaco, dedicata a San Giovanni Battista, si erge sulla cima di un poggio tra le colline di Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma, sul lato opposto a quello che ospita il castello della famiglia Pallavicino. Questo monumento romanico risale al XII secolo, in quanto viene citato per la prima volta in un documento del 1179. Successivamente la pieve viene menzionata anche in una bolla del 1196, per poi essere sottoposta nel 1391 ad un restauro da parte di Iohannes de Saselinis da Parma, come risulta documentato dall'epigrafe murata sulla facciata. Il monumento costituiva nel medioevo un'unità ecclesiastica molto importante perché custodiva il fonte battesimale ed aveva giurisdizione su numerose altre chiese, quasi come fosse una piccola diocesi, dove il sacerdote titolare portava il titolo di pievano o arciprete. La chiesa viene profondamente ristrutturata tra il 1781 ed il 1789 per adeguarla ai canoni barocchi, con la costruzione delle volte sulle navate e la stesura di intonaci e cornici. Ma a partire dal 1954 sono stati avviati alcuni restauri significativi che hanno avuto l'abilità di eliminare gli intonaci e gli interventi barocchi precedenti. In questo modo la pieve è riuscita a recuperare quell'austerità e sobrietà tipica dello stile romanico, facendo risaltare la muratura originaria in pietra a blocchi squadrati di accurata fattura, sia all'esterno sia all'interno della struttura.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La facciata della pieve presenta un profilo a doppio spiovente ed un portale, al di sopra del quale si conserva all'interno di una nicchia la “Madonna col Bambino”, una scultura forse trecentesca. Sul fianco meridionale si alza il campanile quadrato e a metà della facciata si apre una piccola bifora. Ciò che manca è la conca absidale che forse fu demolita e sostituita nel passato. Passando alla sua struttura interna, la pieve possiede una pianta basilicale a tre navate, divise in tre campate da archi senza risega su pilastri quadrati senza capitello. L'unico a fare eccezione è il pilastro a sinistra, cilindrico e provvisto di capitello a cubo smussato. Inoltre in fondo alla navata minore di destra, alla base del campanile, si apre una cappella che forse aveva funzione di battistero ed era contraddistinta da volta e pareti decorate da affreschi tardo-gotici, risalenti al XV secolo. Ora questi frammenti sono stati però staccati per preservarli dall'umidità e trasferiti sulla parete di fondo del presbiterio e sulle pareti delle navate, dove sono infatti visibili degli affreschi che raffigurano Cristo in mandorla, San Giovanni Battista (attribuito a Luigi Vigotti) e la Crocifissione, insieme a numerose figure di angeli e santi. Degno di menzione è l'affresco votivo raffigurante Santa Lucia che è stato riportato alla luce sul primo pilastro di destra, con il nome del committente e la data del 1517. Seppure questo gruppo di affreschi sia molto posteriore alle origini della chiesa, rappresenta in ogni caso un motivo di massimo interesse, in quanto si tratta di un programma pittorico del tutto organico.
LETTURE CONSIGLIATE
E. Dall'Olio, Itinerari turistici della provincia di Parma, Parma 1975.
S. Stocchi, San Giovanni in Contignaco presso Salsomaggiore. L’Emilia-Romagna, Milano 1984.
Emilia Romagna. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, VI edizione, Milano 1991.
STORIA
Vicino al borgo di Coscogno (di origine romana) sorge l’antica pieve romanica intitolata a Sant’Apollinare. Il primo documento che attesta la presenza della chiesa risale al 996, quando Sant’Apollinare apparteneva al castello di Chiagnano, ma la funzione di pieve viene segnalata per la prima volta nel 1035. L’intitolazione a un martire bizantino di provenienza ravennate ha fatto però ritenere, ad alcuni studiosi, che l’edificio venne costruito prima della caduta, in Appennino, della dominazione bizantina (VII – VIII).
La pieve, collocata lungo la strada che conduceva in Toscana, ebbe grande importanza per tutto il Medioevo, la sua importanza è ulteriormente documentata nel 1104, quando la contessa Matilde di Canossa rogò un atto a Coscogno, alla presenza del cardinale Bernardo. Alla fine del XIII secolo dipendevano dalla pieve diverse cappelle: San Dalmazio, Festà, Montebonello, Benedello, Chiagnano.
La chiesa, costruita su un terreno instabile, dovette più volte essere ricostruita.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
L’aspetto attuale della chiesa risale alla ristrutturazione del 1648, data scolpita su una targa murata nella parte alta dell’edificio, quando la facciata a capanna, tipica del gusto romanico, assunse l’odierno assetto a salienti e furono costruiti il coro e le cappelle laterali.
Di stile romanico rimane in facciata il portale (XIII secolo), sovrastato da una rara lunetta scolpita (XI – XII secolo) e abbellito da due esili colonne con capitello e fogliami che sorreggono una cornice decorata a gigli e un architrave al cui interno è scolpita a rilievo una rosetta. La lunetta in pietra scolpita, di epoca matildica, raffigura la lotta di due caprioli, posti l’uno di fronte all’altro con al centro una foglia di palma stilizzata. Il bordo semicircolare era decorato da una fregio a treccia, del quale rimangono solo piccoli tratti alle estremità. Il motivo della lunetta proviene dalla cultura borgognona giunta in questi luoghi grazie ai pellegrini, poiché Coscogno era crocevia della strada che portava verso Roma.
LETTURE CONSIGLIATE
Passaggi e paesaggi. Itinerari nell’Appennino modenese, Modena 2004
D.A. Rabetti, Memorie storiche della pieve e della villa di Coscogno, diocesi di Modena, Modena 1938
STORIA
La pieve romanica di San Silvestro sorge nel centro di Fanano. La tradizione vuole che fu sant’Anselmo a fondarla nel 749 per concessione del cognato Astolfo, re dei Longobardi, con lo scopo di erigere un monastero e un ospizio per viandanti che peregrinavano lungo la via Romea e necessitavano di un “riparo” nel valico appenninico tra la Toscana e l’Emilia. Appena fondata la pieve, Anselmo, decise di lasciarla per giungere a Nonantola per costruire la celebre abbazia benedettina. In realtà le prime tracce documentarie risalgono solamente al XIII.
La struttura ha subito nel corso dei secoli diversi interventi: il più importante e significativo è quello del XVII secolo che ha compromesso l’originale assetto romanico con cripta e presbiterio rialzato e ne ha mutato l’orientamento liturgico; favorendo la realizzazione della facciata verso oriente, dal lato dove si stava ingrandendo il paese.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La chiesa presenta una pianta a tre navate, che terminano con un presbiterio di gusto barocco. All’inizio del Novecento venne intrapreso un restauro finalizzato a ripristinare le originarie linee romaniche alla pieve. In quell’occasione furono riportate alla luce le basi delle colonne della cripta, oggi visibili presso l’ingresso principale. Durante questo restauro fu ridisegnata la facciata in stile neoromanico, ma in maniera del tutto arbitraria. Della chiesa romanica rimangono le dodici colonne che corrono lungo la navata centrale. Le sculture dei capitelli rappresentano figure zoomorfe e antropomorfe, delineate da un linguaggio spoglio ed essenziale. Si discosta per lo stile e il gusto il terzo capitello di destra, caratterizzato da una originale e fantasiosa ornamentazione: quattro teste di animali finemente scolpite che sporgono dagli spigoli; mentre grosse serpi corrono sull’abaco. Su questo capitello compare scolpita una data: 1206, probabile epoca di consacrazione della pieve. Alcuni studiosi hanno attribuito la realizzazione di queste sculture a maestri campionesi, altri hanno invece visto l’influenza di maestri antelamici provenienti da Genova.
LETTURE CONSIGLIATE
Passaggi e paesaggi. Itinerari nell’Appennino modenese, Modena 2004
Breve guida storico artistica alla Plebanale di S. Silvestro Papa in Fanano, Fanano, 1997
(Don) F Gavioli., Sorelle povere di Santa Chiara in Fanano, Carpi 1995
F. Gandolfo, La pieve di San Silvestro a Fanano, in, Tempo sospeso, Modena, 1987
STORIA
La pieve romanica di Santa Maria Assunta a Rubbiano ha origini molto antiche, infatti fu fondata probabilmente nella metà del VII secolo e comunque viene citata in atti dell’880 e 908. La sua fortuna è probabilmente legata alla sua ubicazione, infatti si trova lungo il tracciato della via Bibulica, la più antica e importante strada di collegamento tra Emilia e Toscana che valica l’Appennino al Passo delle Radici. La pieve acquistò probabilmente grande prestigio e prosperità a partire dal 727 quando i traffici lungo la via Bibulica ebbero impulso a seguito dell’unificazione del territorio ad opera dei Longobardi che già occupavano la Garfagnana.
Quando nel 1071 venne fondata l’abbazia di Frassinoro, la pieve di Rubbiano diminuì il proprio prestigio.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
La chiesa plebana di Santa Maria Assunta sorge su una piccola piazzetta presentando ancora oggi il suo stile romanico. All’esterno le tre absidi sono coronate da archetti pensili retti da mensole figurate e sono divise da una monofora. Gli archetti prevalentemente sono sormontati da una cornice dentellata, mentre alcune semicolonne slanciano la costruzione sorreggendo capitelli con motivi vegetali e zoomorfi. Accanto alla chiesa si innalza il campanile del XII secolo dalla linea sobria e massiccia
L’interno della pieve, disposto a croce latina, è a tre navate separate da colonne che sorreggono capitelli, volute, cornici decorate da palmette, foglie d’acanto, figure zoomorfe come leoni e altri animali, e figure antropomorfe. Si possono inoltre notare due colonne più isolate, probabilmente risalenti all’antica planimetria della chiesa. Le due colonne, composte da rocchi sovrapposti, reggono capitelli decorati con foglie d’acanto.
All’interno della pieve si può notare un’acquasantiera del XII – XIII secolo, abbellito da quattro figure femminili: due col corpo di sirena e zampe di arpia. L’acquasantiera si poggia a sua volta su di un capitello ionico di riuso.
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LETTURE CONSIGLIATE
Passaggi e paesaggi. Itinerari nell’Appennino modenese, Modena 2004
L’Appennino Modenese di Ponente, Modena 1996
STORIA
La pieve di Santo Stefano in Tegurio si trova nella località di Godo, a pochi chilometri da Ravenna. Il nome Godo deriva da “guado”, e Tegurio dal fiume che scorreva vicino alla pieve (oggi è denominato fiume Lamone). Santo Stefano in Tegurio è annoverata tra le chiese fatte costruire dall’imperatrice Galla Placidia, che visse a Ravenna tra il 425 e il 450.
La pieve di Godo risulta menzionata per la prima volta nell atto di donazione alla diocesi di Ravenna nel 963. La chiesa ha subìto diversi rimaneggiamenti e nei primi decenni del 1700 venne completamente modificata in forme barocche. L’abside venne demolita per ampliare il coro: la nuova chiesa misurava nove metri in più della antica. Nuovi restauri furono eseguiti nel 1823 e anche la facciata venne ricostruita in forme baroccheggianti. Tale struttura rimase immutata fino al 1944, quando, con il crollo del campanile causato da mine tedesche, furono distrutti l’abside e il coro. Quattro anni dopo la pieve venne ricostruita nelle sua forma originaria.
Le varie ristrutturazioni non rendono facile la datazione della pieve, ma dagli esami effettuati sull’ antica struttura gli studiosi propendono a collocarla al IX secolo (la sua fondazione potrebbe però essere databile anche intorno al V - VI secolo).
NOTIZIE STORICO – ARTISTICHE
La ricostruzione del 1948 ha ripetuto fedelmente la forma originaria della pieve (salvo il campanile, ricostruito ex novo). Di originale tuttavia rimane la sola fiancata settentrionale. Le fiancate sono intervallate da lesene che racchiudono sei finestrelle. L’abside è stata ricostruita sulle antiche fondamenta e si presenta eptagonale allo esterno e circolare all’interno, con tre piccole monofore.
La facciata a spiovente è ritmata da quattro lesene che scandiscono la ripartizione interna in tre navate. Si accede all’edificio da una porta centrale sovrastata da una bifora. All’interno i pilastri in cotto presentano un’ appendice rettangolare che si prolunga fino al tetto, formando volte con arcata a doppia ghiera. Il campanile quadrato fu ricostruito un decennio più tardi nella stessa posizione del precedente, ma diminuito in altezza per risultare più proporzionato alla pieve. Esso è in muratura con mattoni a vista, con trifore e bifore che vanno dall’alto verso il basso.
La pieve di Santo Stefano, benché ricostruita, è un classico esempio di architettura protoromanica: lo si vede dall’uso di lesene dette “lombarde”, dalla tipica ripartizione in tre navate e dal materiale impiegato (mattoni).
L’architettura esarcale, o deutero – bizantina ravennate, ci ha consegnato molte belle chiese e pievi semplici, geometricamente voluminose, compatte e pure, con decorazioni sobrie ( solitamente archetti ciechi nelle fiancate) e imponenti campanili decorati con trifore e bifore, spesso rotondi, ma a volte quadrati (come in questo caso) e che svettano isolati al fianco della chiesa.
LETTURE CONSIGLIATE
“Il romagnolo” periodico n. 36, 2005.
Le pievi dell’esarcato, a cura di Andrea Baroni, Ravenna, 2000.
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