STORIA
Il complesso di Santo Stefano è composto da un insieme di edifici (cappelle, chiese e monastero annesso), conosciuti come le Sette Chiese. Secondo una leggenda Santo Stefano fu fondato da san Petronio, vescovo di Bologna tra il 431/432 e il 450, che vi si trova sepolto. Infatti, in seguito ad un pellegrinaggio in terra santa, il patrono bolognese avviò la realizzazione di un insieme di edifici destinati a riprodurre i luoghi della passione di Cristo. In realtà si dovrà aspettare la fine del IX, in un diploma di Carlo III detto il Grosso, per trovare le prime attestazioni di un Sanctum Stephanum qui vocatur Sancta Hierusalem. Attraverso le indagini documentarie e archeologiche si è scoperto che gli impianti delle chiese o cappelle di Santo Stefano risalgono a epoche diverse; come la chiesa del Santo Sepolcro dalla forma circolare è di fondazione romana, risalente al II secolo d.C.. L’edificio, identificato come un tempio, probabilmente dedicato a Iside, (ipotesi avvalorata dalla presenza di una lapide romana murata nel muro esterno della chiesa di San Giovanni Battista), è stato successivamente trasformato in una chiesa dedicata al Santo Sepolcro con all’interno un’edicola contenente le spoglie di san Petronio. Diversamente, dove sorge oggi la chiesa della Trinità, esisteva alla fine del IV secolo un’area cimiteriale cristiana, caratterizzata da un recinto e da un piccolo santuario a forma di croce. La chiesa di San Giovanni Battista (oggi detta del Crocifisso) è invece di probabile fondazione longobarda, come testimonierebbe il cosiddetto “catino di Pilato”, bacile in pietra (oggi collocato nel “cortile di Pilato”) il quale reca un’iscrizione riferibile ai re Liutprando e Ildebrando che regnarono assieme dal 736 al 744. L’opera fu trasportata nella sede attuale per ordine del cardinale Giovanni dei Medici nel 1506, mentre in origine era collocata all’interno della chiesa di San Giovanni. L’inizio dell’XI secolo fu un momento di grande splendore per il complesso, infatti l’abate Martino (ordine dei benedettini) fece costruire una cripta nella chiesa di San Giovanni Battista e il 3 marzo del 1019 vi trasferì i corpi dei santi Vitale e Agricola. Probabilmente a queste date il monastero era già articolato nelle varie strutture ancor oggi esistenti: la rotonda, la chiesa di San Giovanni, la chiesa oggi intitolata ai Santi Vitale e Agricola (dove si trovano conservati i sarcofagi dei due protomartiri) e la chiesa della Trinità. Nel 1388 iniziò un periodo difficile per la comunità ‘stefaniana’ a causa della decisione delle istituzioni comunali di realizzare una grande chiesa in onore del patrono san Petronio. I monaci corsero ai ripari riuscendo a far credere che il corpo di san Pietro fosse sepolto nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola, dove già nel 1141 si era trovata la tomba di un Symon. Papa Eugenio IV (1431 – 1447) non tardò a reagire facendo chiudere la chiesa murandone le porte. Con papa Nicolò V (1447 – 1455) la comunità monastica venne sciolta e sostituita da preti secolari. Questa situazione non durò però a lungo infatti papa Alessandro VI (1492 – 1503), dietro pressioni del vescovo di Bologna Giuliano dalla Rovere (futuro papa Giulio II), acconsentì l’introduzione di una nuova comunità monastica formata di monaci certosini e il permesso di riaprire la chiesa chiusa al culto. Grazie alla presenza di numerose reliquie conservate all’interno del complesso i monaci furono in grado di far diventare Santo Stefano una importante meta di pellegrinaggio; ne conseguì lo sviluppo di numerose cappelle e altari all’interno del complesso, oggi non più visibili a causa di numerosi interventi di restauro avvenuti tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Nel 1876 ad esempio furono abbattute diverse cappelle nella chiesa del Santo Sepolcro, distrutti numerosi altari e smantellate le mura a sud-ovest sulle quali erano dipinte le storie di San Petronio, con lo scopo di ripristinare l’antico assetto medievale. Dal 1941 il complesso è retto dai monaci benedettini olivetani.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
L’unica via di entrata al complesso stefaniano è la chiesa di San Giovanni Battista oggi denominata del Crocifisso. Il tempio è a navata unica, con tetto a capriata; presenta il presbiterio sopraelevato (il cui accesso è consentito da una scala centrale rifatta nel secolo scorso) con al di sotto la cripta che dall’XI secolo conserva i corpi dei santi Vitale e Agricola. Quest’ultima presenta un’architettura a cinque piccole navate formate da colonne di recupero (tra queste va segnalata quella in marmo composta da due tronchi e collocata appena entrati sul lato sinistro della cripta, perché, secondo la tradizione,indicherebbe l’altezza di Cristo). I tre capitelli corinzieschi (stile che ha avuto grande diffusione locale per l’immediatezza espressiva) presenti nella cripta, decorati da figure di uomini, di quadrupedi e di uccelli risalgono probabilmente all’XI secolo. Si fanno risalire allo stesso periodo i capitelli a stampella che abbelliscono la galleria del Santo Sepolcro, le somiglianze stilistiche e tecniche. Le stampelle sono poi a loro volta decorate di figure: uomini, quadrupedi, uccelli, senza un programma iconografico riconoscibile, e senza ordine. I rilievi sono modellati con grande semplicità; risultando talvolta sommari e schematici. All’interno della chiesa di particolare interesse è l’edicola del Santo Sepolcro che rappresenta il luogo della sepoltura di Cristo e l’angelo marmoreo del XIII secolo (affiancato dalle pie donne e dai soldati dormienti), collocato sopra l’apertura, simboleggia la Resurrezione. La scritta sottostante indica che qui sono conservate le spoglie di san Petronio. Di fianco i simboli degli Evangelisti dagli evidenti caratteri lombardi. Riferibile all’XI secolo è anche il sarcofago di sant’Agricola, malgrado il ritmo disteso delle grandi figure di cervo e del leone affrontati, conservato appunto nella chiesa dei Santi Vitale e Agricola. Il tempio dedicato ai protomartiri, edificato nel IV secolo, fu ricostruito secondo lo stile romanico-lombardo nel XI secolo (le coperture a vola degli spazi alti della basilica). Si può far risalire allo stesso periodo la targa, che decora esternamente la chiesa, con il Redentore tra i Santi Vitale e Agricola. Si tratta ovviamente di un artefice di modesta statura al confronto con l’autore del sepolcro del protomartire bolognese e di quello che decorò la facciata della chiesa per la realizzazione dei modiglioni coi simboli degli Evangelisti (dei quali solo due sono giunti fino a noi). Di epoca più tarda è la decorazione dell’archivolto che decora il portale d’accesso alla chiesa della Trinità con intrecci e decorazioni di gusto post-wiligelmico, con un fare leggermente trattenuto, ma non privo di eleganze anche sontuose nella definizioni dei racemi perforati dal trapano. All’interno della chiesa è anche conservata una lignea Adorazione di Magi presepe del XIV secolo dipinto dal celebre pittore bolognese Simone di Filippo detto dei Crocifissi. Accanto alla chiesa della Trinita sorge il chiostro del monastero, costituito da un doppio ordine di logge datato all’XII-XIII secolo. Le cinquantadue colonnine binate che costituiscono il secondo ordine impreziosicono l’edificio. La tradizione vuole che Dante passando per Bologna fu talmente colpito dai capitelli antropomorfi che queste figure sembrano le stesse dei contrappassi della Divina Commedia. Ad esempio le membra contorte e rovesciate di alcune figure come quella dell’uomo oppresso dal peso dell’arco (a ridosso della chiesa del Crocifisso) avrebbe ispirato il poeta la famosa similitudine dei superbi che camminavano ricurvi a causa dei pesanti massi posti sulla loro schiena. Il percorso del complesso si conclude con la visita al Museo di Santo Stefano dove sono conservate sculture, pitture che vanno dal XIII al XVIII secolo, importanti reliquiari come quello realizzato dal celebre orafo Iacopo del Roseto per conservare il capo di san Petronio e la Sancta Sanctorum, cioè l’insieme delle reliquie custodite dai frati per secoli.
LETTURE CONSIGLIATE
Nel segno del Santo Sepolcro. Santo Stefano di Bologna. Restauri, ripristini-manutenzioni, a cura di L. Serchia, Vigevano 1987
Sette colonne e sette chiese. La vicenda ultramillenaria del complesso di Santo Stefano, a cura di F. Bocchi, Bologna 1987
B. Borghi, In viaggio verso la Terra Santa. La basilica di Santo Stefano in Bologna, Bologna 2010
STORIA
Al centro dell’antica piazza medievale sorge la cattedrale di Fidenza, dedicata a San Donnino martire, una delle tante tappe che il pellegrino compiva lungo la via Francigena per giungere a Roma. Sono ancora dibattute dalla critica le diverse fasi costruttive della chiesa, probabilmente costruita sui resti di una pieve del V secolo. La struttura basilicale a tre navate sembra risalire all’XI secolo, quindi prima dell’intervento di Benedetto Antelami, che, affiancato dalla sua scuola, ideò la facciata, mentre l’abside e le cappelle laterali sono risalenti rispettivamente al XIII e al XVI secolo. Cinquecenteschi sono anche la cappella della Madonna della Ferrata e il campanile.
NOTIZIE STORICO-ARTISTICHE
Il duomo di Fidenza presenta una facciata a capanna chiusa da due torri gemelle. La parte inferiore della facciata incompiuta è aperta da tre portali con protiri elaborati. Opera della scultura antelamica è l’imponente ingresso centrale, caratterizzato da un protiro aggettante a due piani che poggia su colonne sostenute da leoni stilofori. All’interno del protiro il portale è decorato da un fascio di colonne con archivolto a ghiera multipla. Di Antelami sono le due statue dei profeti Davide ed Ezechiele, rispettivamente collocati nelle nicchie di destra e di sinistra, a loro volta sormontate da immagini di pellegrinaggio. Lungo la fascia che corre dalla semicolonna di destra a quella di sinistra sono narrate le storie di san Donnino , patrono di Fidenza e santo titolare del duomo. Lo scultore ha voluto raffigurare la vita e i primi miracoli del santo, suddividendoli in cinque episodi dotati di una notevole vivacità narrativa.
Nella prima formella san Donnino, conservatore della corona imperiale, viene presentato nell’atto di porre la corona sul capo dell’imperatore; mentre nella seconda è raffigurata la conversione del santo e la conseguente ira del sovrano che si stringe corrucciato la barba tra le dita. Nella terza scena viene rappresentato il martirio del santo e il suo primo miracolo: dopo essere stato decapitato all’ingresso di Fidenza, Donnino si rialza e deposita il proprio capo dove oggi sorge la cattedrale. Le ultime due formelle sono dedicate ai primi miracoli post mortem: il risanamento di un infermo al quale, durante la richiesta della grazia, viene rubato il cavallo, ritrovato poi dallo stesso santo; e il disastro del ponte crollato, al centro del quale una donna incinta ha salva la vita assieme a quella del bambino che porta in grembo.
Nella facciata compaiono anche delle formelle rappresentanti le storie della Vergine, la cui decorazione probabilmente in origine era collocata nella torre. Ai lati del portale maggiore due semicolonne con capitelli vegetali scandiscono lo spazio delle navi minori. Sull’abaco del capitello di sinistra si erge la statua di san Simone apostolo che reca in mano il cartiglio con su scritto: “Simon apostolus eundi Romam sanctus demostrans hanc viam” a indicare che la strada dei pellegrini romei passa per Borgo San Donnino, l’attuale Fidenza.
Ai lati delle semicolonne si trovano i portali minori caratterizzati da un protiro poco aggettante, realizzati probabilmente da maestranze lombarde. Il portale sinistro presenta in sommità un acroterio a forma di edicola, decorato all’interno da rilievi raffiguranti santi e cavalieri, mentre il timpano mostra una decorazione complessa che consta di tre scene, volte a esaltare l’importanza del duomo. Nella prima si vuole testimoniare la fedeltà ghibellina di Fidenza nelle lotte comunali, infatti viene rappresentato Carlo Magno e papa Adriano II che porgono i simboli episcopali all’arciprete di San Donnino, il tutto coronato dall’Agnus Dei. La sequenza termina a destra con il ritrovamento del cavallo dell’infemo a testimoniare l’importanza delle reliquie del santo patrono.
Sull’arco del protiro sono disposte eleganti formelle romboidali contenenti grifi, leoni, lepri e molti altri animali immaginari e fantastici. L’arco si poggia su mensole con protome taurina che a loro volta sono sostenute da telamoni, come le colonne anteriori. La lunetta inoltre è abbellita da una lastra raffigurante una Madonna della Misericordia.
L’ingresso di destra presenta la stessa forma, differenziandosi dal primo per l’inserimento di formelle scolpite nella parte interna dell’arco e per la sostituzione dei telamoni con una coppia di arieti. Sull’acroterio si trova la statua di un uomo con una gerla sulle spalle, tradizionalmente identificato con san Raimondo da Piacenza, mentre il timpano campeggia la figura benedicente dell’arciprete di San Donnino. L’arco del protiro è abbellito da rilievi raffiguranti animali all’interno di girali vegetali, probabile allegoria dei vizi umani, mentre nella volta si trovano due lastre antelamiche raffiguranti Ercole che uccide il leone Nemeo e un grifo che atterra un cervo. La lunetta in questo caso è ornata di una ghiera semicircolare a decoro vegetale con all’interno il rilievo di San Michele arcangelo che uccide il drago.
Anche le due torri presentano importanti elementi decorativi di cultura antelamica. Nella torre settentrionale sono visibili due lastre raffiguranti la Strage degli innocenti e la Cavalcata dei Magi; mentre in quella meridionale al di sopra di una cornice marcapiano Storie di pellegrinaggi.
La decorazione continua poi sulle pareti dell’abside, dove sono disposte, in maniera del tutto casuale alcune lastre provenienti probabilmente da un portale laterale smembrato dedicato al Ciclo dei mesi.
La cattedrale, dalla pianta a tre navate con pilastri a fascio, presenta una struttura slanciata, sovrastata da matronei e quadrifore. La nave centrale culmina nel presbiterio rialzato in prossimità della cripta. Notevoli le due sculture di scuola antelamica che raffigurano il Cristo Giudice e la caduta degli angeli ribelli, vicini al frammento di affresco raffigurante il Giudizio Universale e riconducibile alla fine del XII di scuola emiliana. La parte inferiore della chiesa risale al XII e, per buona parte degli studiosi, fu progettata da Lanfranco architetto della cattedrale di Modena; mentre le quattro cappelle laterale sono cinquecentesche.
La parte più antica della cattedrale è la cripta, caratterizzata da due file di cinque colonne decorate da capitelli romanici e gotici che suddividono l’aula in tre navate. Particolarmente interessante è il capitello abbellito dall’immagine di Daniele nella fossa dei leoni, mentre gli altri sono istoriati con protomi umane, figure tratte dal bestiario medievale e motivi vegetali. Sempre all’interno della cripta, in un antico sarcofago romano, erano conservate le spoglie del patrono della città, in seguito collocate in un reliquiario visibile oggi sotto all’altare.
La visita alla cattedrale di Faenza continua presso il Museo del Duomo dove sono collocati elementi che decoravano la chiesa antica.
LETTURE CONSIGLIATE
Tesori e segreti delle cattedrali romaniche di Modena e Parma, Parma 2007
Y. Kojima, Storia di una cattedrale: il duomo di San Donnino a Fidenza: il cantiere medievale, le trasformazioni, i restauri, Pisa 2006.
I.Cogato, Pellegrini alla chiesa di San Donnino: il duomo di Fidenza, Fidenza 1998
R. Tassi, Il duomo di Fidenza, Milano 1974
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